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Ars aedificandi, in mostra il cantiere dei templi

Inaugurata ieri al Parco di Selinunte e alle Cave di Cusa la mostra sulle tecniche di costruzione

Di Redazione |

Studiando il grande trattato “De Architectura” di Vitruvio, scritto alla fine del I sec. a.C., e arrivato integro ai giorni nostri, si possono comprendere le antiche tecniche di costruzione di basiliche, templi e teatri, gli stili, le decorazioni e anche l’uso dei colori. E si può risalire alle macchine che venivano impiegate per spostare, sollevare e innalzare i pesantissimi blocchi di pietra che formano i templi. 

Il sito archeologico della Cave di Cusa, che si trova nel territorio di Campobello di Mazara a 13 chilometri a nord ovest da Selinunte,  è all’origine di queste costruzioni e di questa arte edificatoria arrivata fino a noi. Si tratta di un sito poco visitato ma di grandissimo interesse archeologico che per questo dovrebbe avere maggiore attenzione; proprio da lì infatti veniva estratto il materiale utilizzato per la realizzazione dei templi. Si tratta di un’area ricca di cave di pietra caratterizzate da banchi di calcarenite estesi circa due chilometri vicino della costa che rimasero in uso dal VI secolo a.C. fino alla sconfitta dei greci da parte dei cartaginesi.

Si possono ancora vedere colonne, incisioni  circolari profonde già completate, mentre altri rocchi, che attendevano di essere trasportati, denotano la brusca interruzione dei lavori di estrazione, di lavorazione e di trasporto dei pesanti massi, dovuta alla minaccia che incombeva sulla città nel 409 a.C. per l’improvviso sopraggiungere dell’esercito cartaginese; e proprio questo oggi consente di riconoscere chiaramente le fasi della lavorazione della pietra.

In omaggio alle antiche tecniche costruttive è stata pensata la mostra “Ars aedificandi. Il cantiere del mondo classico” inaugurata ieri alla presenza dell’assessore regionale dei Beni culturali, Alberto Samonà. La mostra ricostruisce in scale 1:1 le macchine del tempo  seguendo il percorso degli antichi rocchi dalle Cave di Cusa fino ai templi di Selinute. Un’esposizione dal valore documentale e didattico che consente di vedere la ricostruzione dei cantieri allestiti per edificare i santuari dorici ripercorrendo le descrizioni delle fonti antiche e iconografiche dei viaggiatori come Houel che nel 1784 documentò l’attività nelle Cave. Durante il percorso si possono vedere la “slitta”, il “carro”, il “cantiere”, le “colonne”, la “grande gru” riprodotta in scala reale e composta da aste convergenti realizzata da travi di legno che misurano 12 metri. Alla realizzazione dei templi lavoravano un numero considerevole di maestranze che formavano “officine” che si spostavano di città in città per innalzare i  grandi templi dedicati agli dei.

La mostra, prodotta e organizzata da MondoMostre con il Parco, si avvale di un qualificato comitato scientifico (Stefano De Caro, Heinz Jurgen Beste, Federico Rausa, Carmelo Bennardo, Giuseppe Parrello e Clemente Marconi), ed è curata dagli architetti Alessandro Carlino e Bernardo Agrò, già direttore del Parco di Selinunte. «Una grande opportunità per comprendere l’origine del patrimonio monumentale che i nostri parchi custodiscono», afferma l’assessore Samonà. COPYRIGHT LASICILIA.IT © RIPRODUZIONE RISERVATA

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