Cronaca
Vito Nicastri ha confermato le accuse: «Mazzette per funzionari regionali»
PALERMO – Una tangente da 500 mila euro. Destinata a dirigenti della Regione siciliana che favorivano gli interessi imprenditoriali di Vito Nicastri e Paolo Arata e dei loro figli, Manlio e Francesco. Mezzo milione di euro in parte consegnato (100 mila euro) ed il saldo ad operazioni (illecite) concluse. Sono queste le accuse che il “re dell’eolico”, Vito Nicastri, imprenditore più volte coinvolto in vicende mafiose e sospettato di essere la “cassaforte” del boss latitante Matteo Messina Denaro, aveva messo nero su bianco dopo l’ennesimo arresto e che oggi ha ribadito in sede di incidente probatorio, avvenuto a Palermo, davanti al Gip, Guglielmo Nicastro, che ha accolto la specifica richiesta del pubblico ministero della Dda di Palermo, Gianluca De Leo.
Conferma su tutto, senza nessun tentennamento (come avvenuto, invece, nel luglio scorso a Roma nell’ambito dell’inchiesta a carico dell’ex sottosegretario leghista Armando Siri, accusato di essere destinatario di una tangente di 30 mila euro) da parte di Vito Nicastri, assistito dall’avvocato Baldassare Dara, chiamato oggi, insieme al figlio Manlio a ribadire e sottoscrivere le accuse mosse a numerosi funzionari pubblici come ad esempio l’ex dirigente dell’assessorato regionale all’Energia Alberto Tinnirello e l’ex funzionario dell’assessorato al Territorio e ambiente, Giacomo Causarano, entrambi finiti in manette.
Ma non sono i soli ad essere indagati. Ci sono anche il funzionario del Comune di Calatafimi Angelo Mistretta, ed il presidente della Commissione Via (Valutazione d’impatto ambientale) dell’assessorato Territorio e ambiente, Alberto Fonte. Nicastri specifica: “A Causarano davo con cadenza quasi mensile somme di denaro in contante. Gli ho consegnato personalmente nei miei uffici circa 100 mila euro, in tranche da 10 mila, 12 mila euro, denaro che poi secondo quanto riferitomi da lui avrebbe dovuto consegnare a Tinnirello. Il denaro di volta in volta consegnato mi veniva fornito da Francesco Isca, in banconote da 50 e 100 euro. Ricordo che in alcune occasioni Isca portò banconote da 500 euro, ma Causarano mi disse che non erano gradite a Tinnirello e dunque fu ridotta la pezzatura”.
Chi è Francesco Isca? È un imprenditore trapanese più volte indagato per mafia ed accusato di riciclare i soldi delle cosche di Calatafini. Un “cerchio magico” di indubbio spessore criminale per gli investigatori che continuano a fare terra bruciata attorno a Messina Denaro eliminando alla radice i suoi possibili favoreggiatori e finanziatori.
E qui si apre un capitolo a parte. Ed è legato alla volontà piena e convinta di Vito Nicastri di collaborare con la giustizia. Oggi, all’incidente probatorio erano presenti tutti gli avvocati che difendono gli interessi degli indagati, a cominciare dal legale di Paolo Arata, l’ex consulente della Lega che ha avuto un ruolo preminente sia sulle vicende siciliane (ed è a questo contesto che va riferito l’atto irripetibile odierno) che in quelle romane legate alla pretesa tangente destinata all’ex sottosegretario Siri (procede autonomamente la Procura di Roma).
Arata, intercettato con un trojan, parlava a ruota libera e non faceva mistero con i suoi interlocutori di avere destinato 30 mila euro all’ex componente sottosegretario. Scrive la Dia di Trapani:” Diverse le vicende che hanno visto Paolo Arata relazionarsi illecitamente con pubblici ufficiali per tutelare i loro interessi economici. In primo luogo Paolo Arata per vincere le ostilità di alcuni esponenti locali del Movimento 5 stelle verso i suoi progetti nel settore del bio metano, si rivolgeva all’influente senatore della Lega Armando Siri, attuale sottosegretario di Stato, cui chiedeva che lo sviluppo delle energia da bio-masse fosse inserito nel redigendo “contratto di governo”. Il senatore Siri provava ad inserire i provvedimenti a favore dell’Arata dapprima nel c.d. provvedimento mille proroghe, poi nella legge di stabilità ed infine nella legge di conversione del c.d. decreto semplificazione, non riuscendovi per cause indipendenti dalla sua volontà. A fronte di tale impegno a Siri sarebbe stata promessa una somma di denaro pari a trentamila euro”.COPYRIGHT LASICILIA.IT © RIPRODUZIONE RISERVATA