”Amavo mio marito” perché “era un uomo premuroso che non mi faceva mancava alcunché”, ma “mi usava violenza quasi tutti i giorni” e “adesso sono pentita di quello che ho fatto”. E’ quanto ha detto Vincenzina Ingrassia al Gip di Catania Loredana Pezzino nell’udienza di convalida per l’omicidio del marito, Alfio Longo. L’interrogatorio, alla presenza del legale di fiducia, l’avvocato Luigi Cuscunà, e il sostituto procuratore Raffaella Vinciguerra, nel carcere di Catania, è durato circa tre ore.
A riferire i contenuti dell’ interrogatorio è stato il legale della donna, l’avvocato Cuscunà, all’uscita dal carcere. Il penalista conferma di avere chiesto per la sua assistita “gli arresti domiciliari in una struttura protetta, ma la Procura insiste – aggiunge – negli arresti in carcere giustificandola con l’inquinamento delle prove, anche di fronte a una confessione chiara e dettagliata”.
Il legale sostiene la tesi “dell’omicidio d’impeto” anche se, sottolinea, “due aborti procurati e vessazioni subite per 40 anni con violenze quasi quotidiane ingenerano nella persona voglia di riscatto. E poi c’è la goccia che fa traboccare il vaso: la sera prima – secondo la ricostruzione della donna – il marito l’aveva picchiata con la stessa arma utilizzata dalla signora poi per un ucciderlo: un ciocco di legno”. “È vero – riconosce l’avvocato Cuscunà – non lo ha mai denunciato, anche se si era rivolta a diverse persone per aiutare il marito. Ma lo ha fatto, ha spiegato, perché lei era legato a quell’uomo: lo l’amava, a modo suo. La signora lo dice: il marito non le faceva mancare alcunché, era premuroso con lei, ma dice anche che le ha usato sempre violenza”.
Sulla presenza di droga e di una pistola e un fucile nella villetta di Biancavilla il legale sostiene che “la signora non ne sapeva alcunché”. “Però questa cosa – rileva – la dice lunga: lui detiene e pianta marijuana nella vigna e due armi, c’è qualcosa che non va…” Sul tentativo di depistaggio, con la messa in scena della rapina, il penalista sottolinea che “dura poche ore” che è stata la “signora a pentirsi e a confessare”. “Adesso la mia assistita – chiosa l’avvocato Cuscunà – non sta bene è molto provata, non vede prospettive nella sua vita. È pentita, non lo rifarebbe anche perché la vita che l’aspetta non sarà migliore di quella di prima”.