«Non siete autorizzati, bisogna passare dal comando». I vigili urbani di Catania in servizio al Giardino Bellini fanno spallucce: se le telecamere della Villa funzionano oppure no loro, se anche lo sapessero, non potrebbero dirlo. «Ci sono dodici telecamere funzionanti e correttamente collegate con la centrale operativa», risponde l’assessore Massimo Pesce, che ha la delega ai parchi pubblici e, quindi, anche al grande polmone verde del centro città.
«Altre due telecamere, invece, sono ancora non funzionanti», ammette l’assessore alla Polizia municipale Alessandro Porto. Una grande conquista, insomma: mesi fa, quando, quando la violenza sessuale nei bagni ai danni di una minorenne aveva riportato all’attenzione il tema della sicurezza nel giardino, di videocamere funzionanti ce n’erano soltanto cinque. «C’è un problema di collegamento che stiamo risolvendo», prosegue Porto. Che annuncia anche la ricerca di fondi per installarne altre: non solo alla Villa Bellini, ma anche al Parco Gioeni, altro polmone di difficile sorveglianza elettronica.
«Il fatto è che quando ti arrivano questi fondi sono sufficienti per acquisto e installazione dei dispositivi, la manutenzione è un’altra cosa. Sul territorio ci sono 212 telecamere, ne funzionano circa il 60, 70 per cento. Abbiamo risolto un problema con le batterie, ma si sono bruciati alcuni router per il collegamento in tempo reale e vanno sostitituiti», dichiara ancora l’assessore Porto.
Se non altro, i bagni della Villa Bellini per il momento, sono sicuri. Perché sono chiusi con un catenaccio che impedisce l’accesso. Non per quello che è accaduto a gennaio alla ragazzina di 13 anni e al di lei fidanzatino di 17, ma perché, dopo la ristrutturazione, devono ancora essere consegnati.
I lavori sono finiti e non manca niente. C’è anche la gettoniera, sia all’ingresso del bagno degli uomini sia all’ingresso di quello delle donne, che dovrebbe servire per pagare l’accesso ai servizi igienici, non più di libera fruizione. Ma, a quanto pare, «bisogna ancora decidere come funzionerà – sostiene Pesce – Se è possibile effettivamente fare entrare in bagno solo dietro pagamento, se questo garantirà in effetti maggiore sicurezza. Devo ammettere che non ero a conoscenza del problema, farò un sopralluogo in settimana». Intanto, non si entra. L’acqua corrente è quella delle fontanelle: per bere e per sciacquarsi la faccia dopo l’attività fisica, o per pulire dalla terra le ginocchia sbucciate di un bambino caduto da un gioco o inciampato sulle parti sconnesse dei sentieri con i ciottoli mosaicati e non ripristinati.
In questi giorni d’inizio autunno, durante il giorno, la sicurezza non sembra essere una preoccupazione per gli avventori della Villa. Una pattuglia della polizia municipale presidia l’ingresso dal lato di piazza Roma. A breve distanza c’è un camioncino al servizio della squadra dei poliziotti a cavallo della questura. Nel giro di pochi minuti passano anche un veicolo dei carabinieri che esce verso la strada e una pattuglia della guardia di finanza che entra nell’area verde.
Un uomo raccoglie le deiezioni del suo cane e le mostra, soddisfatto, a uno dei vigili urbani. Che gli risponde sorridendo: «Anche perché sennò c’era la multa». Poi ci sono le coppiette di adolescenti che amoreggiano sulle panchine. I jogger che corrono. Due turiste che ballano insieme a un uomo che s’improvvisa cantante di fronte alla fontana principale, da cui sono sparite le papere di ferro. Poi c’è il via vai di operai che lavorano all’arena montata nel piazzale delle Carrozze, dove si svolgono i concerti estivi per via dei quali, in occasione delle serate, si ripropone ciclicamente la polemica sulla chiusura anticipata della Villa alla fruizione dei cittadini che non partecipano agli spettacoli musicali.
«Dipende dal giorno e dipende dall’orario», dice una ragazza che porta a passeggio il suo cane. «Io, comunque, evito di venire qui da sola quando fa buio, ed evito il venerdì e il sabato pomeriggio», continua. Quando, cioè, teme di essere importunata da gruppi di ragazzini che fanno commenti sgradevoli o che cercano un’occasione di discussione. «Il presidio – ammette un componente delle forze dell’ordine – non è sufficiente. Le pattuglie sono poche. Se sei da una parte non puoi essere dall’altra e siamo di presidio in questa zona, non esclusivamente nel giardino».