PALERMO – Parole, parole, parole. Fiumi di parole vengono spesi oggi per ricordare, nel giorno del 27° anniversario, la strage di via D’Amelio in cui il 19 luglio del 1992 persero la vita il giudice Paolo Borsellino e gli agenti di scorta Emanuela Loi, Agostino Catalano, Vincenzo Li Muli, Walter Eddie Cosina e Claudio Traina. E il denominatore comune di queste dichiarazioni è la ricerca della verità. A 27 anni dall’eccidio si cerca ancora la verità. E per 27 anni le dichiarazioni sono state più o meno sempre le stesse. Giusto ricordare, giusto sottolineare il sacrificio di questi eroi italiani, veri eroi morti per difendere il Paese dalla mafia. Ma è impossibile non leggere un po’ di ipocrisia in tutto ciò, nelle passerella di politici e uomini dello Stato e delle istituzioni che da anni occupano posizioni di potere e che ancora oggi dicono che bisogna «cercare la verità».
Nel pensiero di Salvatore Borsellino, il fratello del magistrato ucciso, si coglie tutta l’amarezza per questa tardiva ricerca della verità in un caso ormai noto alle cronache come “depistaggio di Stato”. «Oggi con il Borsellino quater abbiamo soltanto una parte di verità, una parte di giustizia – ha sottolineato – Purtroppo è uno Stato di cui bisognerebbe vergognarsi però se pensiamo che è quello stesso Stato per cui Paolo Borsellino coscientemente ha sacrificato la sua vita allora forse dobbiamo cercare, visto che Stato siamo anche noi, di fare la nostra parte per cercare di cambiare queste cose. Io ne sono convinto anche se forse io non riuscirò a vederlo, spero che ci riescano Fiammetta, i miei nipoti che sono tanto più giovani di me e spero che ci riescano i tanti bambini che oggi ci sono qua. Li incontro nelle scuole a loro porto il messaggio di Paolo e anche se nel ’92 non erano ancora nati, noto interesse e una partecipazione, in loro ho fiducia e penso che Paolo sarebbe felice».
E Fiammetta Borsellino, che dopo 27 anni non ha ancora avuto una verità vera e anzi ha potuto toccare con mano gli insabbiamenti e le mistificazione della verità, cosa ne pensa di queste commemorazioni? La figlia minore del giudice Borsellino era presente anche lei questa mattina alla commemorazione della strage di via D’Amelio nel chiostro della questura di Palermo. Ma ha atteso l’inizio della cerimonia, alla presenza del capo della Polizia Franco Gabrielli, del sindaco Leoluca Orlando e del cantante Gigi D’Alessio e poi è andata via. «Non mi interessa» ha sussurrato andando via.
Fino a ieri Fiammetta ha parlato di «persone indegne» che hanno condotto le indagini riferendosi investigatori e magistrati che hanno si sono occupati in questi anni della strage e che oggi sono indagati per il depistaggio. E ha criticato anche la recente desecretazione degli atti da parte della Commissioni antimafia parlando di “strumentalizzazione mediatica” per la scelta della data (alla vigilia dell’anniversario).
Il capo nazionale della polizia, Franco Gabrielli, nel sottolineare l’amarezza per la parole di Fiammetta, «comunque sacrosante», dice però a chiare lettere che «se c’è qualcuno che ha sbagliato deve pagare» perché «nessuno vuole verità di comodo». «Non vogliamo agnelli sacrificali o scorciatoie – ha aggiunto -. Insieme ai familiari di Falcone e Borsellino siamo quelli che pretendono, più di altri, che questa verità venga consegnata al paese». «Se qualcuno ha sbagliato deve pagare ma che non si faccia sempre questo sport tutti responsabili e nessuno responsabile», ha sottolineato.
Gabrielli ha spiegato anche che «se ci sono stati dei servitori dello Stato che non hanno fatto correttamente il proprio lavoro», allora «lo Stato ha assolutamente il dovere di chiedere scusa». «La mia presenza di stamani a Palermo – ha detto – è, da un lato, la riaffermazione di una vicinanza e anche una mano tesa rispetto a un mondo che in questi anni non sempre ha vissuto quella solidarietà e la vicinanza di tutti».
Anche il capo dello Stato, il palermitano Sergio Mattarella, ha rivolto «un pensiero commosso» alle vittime della strage di via D’Amelio e rinnovato «la solidarietà ai loro familiari, tra i quali, per il primo anno, manca Rita Borsellino che ne ha continuato in altre forme lo stesso impegno» Ma il presidente della Repubblica ha aggiunto che «rimane forte l’impegno per Paolo Borsellino, e per tutte le vittime di mafia, di assicurare, oltre al tributo doveroso della memoria, giustizia e verità».
«L’emozione suscitata dalla pubblicazione delle audizioni di Paolo Borsellino avanti alla Commissione Antimafia ha coinvolto in questi giorni tanti italiani – ha detto ancora Mattarella – e ha richiamato, ancora una volta, il nostro Paese all’impegno nella lotta contro la mafia e ai pesanti sacrifici che questa ha comportato. La riconoscenza verso la sua figura e la sua azione non si potrà attenuare con il trascorrere del tempo e appartiene al patrimonio di civiltà dell’Italia, conservato e coltivato specialmente tra i giovani. Ed è, questo, un segno di speranza», ha concluso Mattarella.
Il premier Giuseppe Conte, in un tweet con cui ha ricordato le vittime, ha scritto che «ricerca della verità e contrasto alle mafie» sono per il governo «un imperativo, un impegno quotidiano».
Ma il ministro della Giustizia Alfonso Bonafede, anche lui siciliano, dice che la data di oggi «ci ricorda ancora una volta quanto sia lunga e tortuosa la strada da percorrere per conoscere tutta la verità e ottenere piena giustizia rispetto ad un periodo tragico che ha cambiato per sempre la storia del nostro Paese». E sottolinea che non ci si deve fermare «finché ogni dubbio, ogni mistero, ogni ombra non sarà definitivamente cancellata».
Bonafede ha ricordato che le indagini sulla strage di via D’Amelio sono state definite dalla Corte d’Assise di Caltanissetta come «uno dei più gravi depistaggi della storia giudiziaria italiana» e ha detto che oggi bisogna avere «il coraggio e l’onestà di dire che il ritardo nell’accertamento di quella verità è già un fallimento dello Stato».