Una rosa gialla e un biglietto per Adele Funzionari Farnesina a Dacca per rientro salme

Di Carmela Marino / 03 Luglio 2016

Catania – Davanti a quel portone di via Barbagallo Pittà, nel cuore del cosiddetto “Fortino” a Catania, dove fino a ieri in pochi sapevano cosa fosse accaduto ad Adele Puglisi, che lì abitava anche per pochi giorni all’anno, oggi è comparsa una rosa gialla e un bigliettino. Un omaggio all’unica vittima catanese della follia omicida degli attentatori di Dacca, che venerdì sera hanno prima torturato e poi sgozzato venti ostaggi (nove gli italiani che hanno perso la vita).

In quell’appartamento al secondo e ultimo piano di un palazzotto semplice e antico, non c’è nessuno. Adele, 54 anni manager dell’Artsana, era nubile e non aveva figli. Qui a Catania, oltre al fratello Matteo chiuso in queste ore nel suo profondo dolore e nell’altra casa di famiglia a Punta Secca nel ragusano, la piangono tanti amici che attendono il suo rientro. Non c’è ancora una data sul ritorno in Patria delle nove salme: l’aereo della Presidenza del Consiglio con a bordo personale dell’Unità di crisi della Farnesina e della stessa Presidenza del Consiglio, è atterrato a Dacca stamattina proprio per stabilire le modalità del del triste rientro. Adele Puglisi così come l’amica e collega Nadia Benedetti di Viterbo, sarebbero dovute rientrare tra ieri e oggi. Si erano date appuntamento al ristorante dell’Holey Artisan Bakery, teatro della strage, proprio per una cena di saluto. Intanto il fratello Matteo dice di essere pronto a partire. «Aspetto la telefonata della Farnesina per conoscere la data dell’arrivo della salma a Roma».

E per domani, oltre al lutto cittadino proclamato a Catania dal sindaco Enzo Bianco, sarà anche lutto in tutta la regione.

Intanto si delineano i profili degli attentatori dell’eccidio: tutti giovani, altamente istruiti e provenienti da famiglie bengalesi benestanti, dove diventare “miliziani” sta diventando una moda. Un commando che, secondo il ministro degli Interni Asaduzzaman Khan, non avrebbe alcun collegamento con l’Isis, contrariamente a quanto ipotizzato in un primo tempo. Secondo Khan, i giovani «erano membri del gruppo jihadista begalese Jumatul Mujahedeen Bangladesh», dichiarato illegale nel Paese da più di dieci anni e nessuno di loro avrebbe mai frequentato una “madrassa” (una scuola per​ lo studio delle scienze giuridico-religiose islamiche, ndr).

 

 

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