I crediti bloccati dallo stop al superbonus fanno gola alle mafie e agli usurai: nel mirino dei criminali oltre duemila imprese in Sicilia con l’acqua alla gola che hanno crediti incagliati per 1,2 miliardi di euro, con 11mila lavoratori coinvolti.
Lo scrive “Asud’europa”, la rivista del Centro Pio La Torre. Altre imprese impegnate nei lavori per opere pubbliche sono in fortissima difficoltà perché ancora non arriva loro l’erogazione dei rimborsi per il caro-materiali. Il rischio che per far fronte a esigenze di cassa si scelgano ‘canali informalì o usurai, è reale, sino al punto da acquisire la proprietà reale delle imprese, formalmente pulite, ma di fatto sotto il controllo di Cosa Nostra, facendo così un regalo enorme alle mafie. In allarme i sindacati che temono per la sorte dei lavoratori, mentre sul fenomeno hanno puntato i fari la Commissione Antimafia Regionale e diverse procure dell’Isola.
«Non sarebbe la prima volta che si usa un sistema regolare per ripulire denaro sporco – sottolinea il vicepresidente del Centro Pio La Torre, Franco Garufi – . Avere la liquidità per comprare subito a 60 quello che vale 100 può anche essere un sistema raffinato per riciclare (o investire) fondi anche delle mafie».
«Con il bonus edilizio abbiamo assistito a una proliferazione di imprese, alcune nate soltanto con la prospettiva di cedere il credito, piuttosto che realizzare le opere», spiega il presidente della Commissione antimafia, Antonello Cracolici. «Chi dispone di ingenti capitali propri non ha difficoltà a sopperire alle difficoltà della cessione dei crediti fiscali del superbonus edilizio – continua -. Le imprese che invece agiscono nel rispetto delle regole, per potere pagare fornitori e lavoratori sono costrette a svendere i propri crediti, in modo da accedere a una liquidità che permetta loro di pagare le spese di gestione. Una speculazione che fa gioco a compratori senza scrupoli. In questa operazione di cessione dei crediti non possiamo escludere il rischio che dietro ci possano essere dei prestanome in grado di comprare a 50 un credito che vale 100 per investirlo o riciclarlo per conto di cosa nostra».