CALTANISSETTA Il pm Gabriele Paci ha chiesto l’ergastolo per Matteo Messina Denaro, accusato di essere uno dei mandanti degli attentati di Capaci e Via D’Amelio. Il processo si celebra davanti alla Corte d’Assise di Caltanissetta. Il superlatitante trapanese, a capo del mandamento di Castelvetrano, è considerato uno dei boss più potenti di Cosa Nostra nonostante sia irreperibile da 27 anni.
La richiesta è stata avanzata a conclusione della requisitoria, durata otto udienze. Matteo Messina Denaro è difeso dagli avvocati Salvatore Baglio e Giovanni Pace.
Nella sua requisitoria il pm ha parlato di «unanimità dei consensi al progetto sulle stragi di Totò Riina collegiale». «Totò Riina – ha aggiunto Gabriele Paci – può contare su un gruppo di persone fidate che chiama “supercosa», ai quali affida il compito di organizzare la missione romana. Questo rafforza Riina non soltanto perché ha un gruppo segreto che fa capo a lui ma perché questo gruppo gli consentirà tra le varie opzioni operative di optare per quella che era più funzionale alla realizzazione dei suoi interessi. Scartata la missione romana sceglie quella di Capaci. Indipendente dall’esito la supercosa rafforzò i propositi di Totò Riina, con un gruppo di persone pronto ad uccidere. Nell’ottobre del ’91, con l’appoggio di Messina Denaro, Totò Riina, seppe che aveva questa disponibilità di uomini e mezzi. Avere il consenso di Matteo Messina Denaro – ha sottolineano il Pm Paci – gli consentiva di avere delle spie in ogni anfratto di Cosa Nostra che potevano portare alla luce quelli che erano i dissensi interni. Matteo Messina Denaro serve proprio a questo, a stanare e uccidere i riottosi».
«Matteo Messina Denaro è il reggente di Cosa Nostra trapanese quanto meno dal 1991. Il padre Francesco non era presente, così come non era presente Mariano Agate. Matteo Messina Denaro è un mafioso che ha rinunciato a qualsiasi spazio di autonomia per fare carriera in Cosa Nostra e Totò Riina lo nominò reggente della provincia di Trapani» ha aggiunto il pm Gabriele Paci nel corso della requisitoria per il processo al super latitante Matteo Messina Denaro, accusato di essere uno dei mandanti degli attentati di Capaci e Via D’Amelio, davanti alla Corte d’Assise di Caltanissetta.
«Quando nel 1991 comincia la guerra di mafia Paolo Borsellino opera nel trapanese, nel territorio gestito da Matteo Messina Denaro. Abbiamo ripercorso quegli anni maledetti – ha continuato il Pm Paci – Totò Riina, per iniziare la stagione stragista dovette veramente convincere i rappresentati provinciali della bontà del suo progetto, riuscire a costruire il consenso. Non è sostenibile che Totò Riina avrebbe comunque intrapreso a prescindere quella strada senza avere il consenso di Cosa Nostra, perché se ci fosse stato il dissenso di una delle province ci sarebbe stata una guerra. La storia di quegli anni non sarebbe stata la stessa. Messina Denaro non può aver prestato consenso con riserva. Fu lui più di tutti l’uomo che aiutò Riina a stroncare sul nascere le voci del dissenso interno».