PALERMO – Monta la polemica per lo stop alle consegne a domicilio in tutta la Sicilia stabilito dall’ultima ordinanza restrittiva firmata dal governatore Musumeci. Dagli addetti al settore fino a ristoranti c’è molto malumore per la decisione del presidente delle Regione. E anche da un “alleato” come Gianfranco Micciché arrivano critiche: «Fino ad oggi ho condiviso ogni provvedimento del governo regionale – ha detto il presidente dell’Ars – e sono convinto che se oggi la Sicilia è tra le regioni italiane meno colpite dagli effetti dell’emergenza sanitaria sia in larga parte merito del rigore e della prontezza dei provvedimenti voluti dalla giunta Musumeci. Eppure l’ordinanza del governo regionale che prevede lo stop alle consegne a domicilio per le festività pasquali mi suona stonata e controproducente: mi auguro si faccia un responsabile passo indietro».
«Precludere alle attività commerciali – ha spiegato – la possibilità di consegnare a domicilio i propri prodotti nel periodo delle festività pasquali è un danno aggiuntivo e ingiustificato, alla già debole economia siciliana, oltre che psicologicamente un colpo per le famiglie già segnate da settimane di quarantena». «Ho avuto modo di ascoltare le richieste di moltissimi operatori del settore alimentare, commercianti e ristoratori: tutti quanti – conclude Miccichè – chiedono di poter lavorare nei prossimi giorni, garantendo ovviamente i requisiti igienico sanitari che l’emergenza sanitaria impone. Alla loro voce unisco la mia».
Anche dalla filiera agroalimentare arrivano giudizi sfavorevoli: «Decisioni politiche non ponderate, eccessive e di scarso buon senso rischiano di generare ulteriori danni all’economia del nostro territorio rispetto a quelli, già gravi, legati agli effetti devastanti innescati dalla pandemia» dicono dalla CNA Agroalimentare Sicilia. «Ci eravamo rivolti al Governo – hanno affermato il presidente Michelangelo Latino e il coordinatore Tindaro Germanelli – fiduciosi che la nostra proposta, di applicare una deroga al precedente provvedimento in occasione della solennità di Pasqua a favore dei titolari o gestori di attività di produzione di cibo da asporto, potesse trovare condivisione e riscontro. Ed invece siamo qui, con grande amarezza e rabbia, a constatare come il Governo regionale si sia dimostrato insensibile alla richiesta proveniente, con forza, dalle imprese che operano nel settore alimentare: ristorazione, produzione pasti caldi, gastronomia, pasticcerie, pizzeria, focaccerie e rosticcerie. Tradotto in soldoni – aggiungono – si finisce per agevolare la grande distribuzione, perchè di questo si tratta, a scapito delle piccole attività artigianali, di quegli esercizi di prossimità che ci portano a tavola prodotti freschi e genuini nel rispetto anche delle nostre tradizioni».
Tornando alla politica, pure le opposizioni dicono che Musumeci ha sbagliato: «Impedire le consegne a domicilio del cibo proprio a Pasqua e pasquetta creerà ancora più caos – il deputato del M5S all’Ars Giovanni Di Caro -. Questo provvedimento non eviterà gli assembramenti, che ci saranno comunque prima e dopo i due giorni di festività. Bisognava inoltre tenere in considerazione le legittime aspettative degli operatori commerciali, fermi da un mese, che vedevano nei due giorni un’occasione per riprendere fiato. Aspettative purtroppo disattese da Musumeci che ha sbagliato a bloccare anche le consegne a domicilio per ben due giorni consecutivi». «La consegna a domicilio deve piuttosto essere regolamentata con le opportune cautele sanitarie – ha aggiunto la deputata Valentina Palmeri – Quello delle consegne a domicilio può diventare un metodo strategico, una soluzione per ridurre l’urgenza di uscire. Il governo deve dettare le necessarie ed uniformi regole in materia di protezione dei lavoratori, i cosiddetti riders».
E infine il Pd, con il parlamentare regionale Anthony Barbagallo, secondo il quale «l’ordinanza del presidente Musumeci che impedisce le consegne a domicilio nei giorni festivi è eccessiva ed immotivata e colpisce direttamente gli esercizi commerciali che cercano faticosamente di fronteggiare la crisi e le fasce più deboli della popolazione che usufruiscono del servizio per evitare di uscire di casa».