Le liti per la suddivisione della "roba" di famiglia, centinaia e centinaia di ettari di terreno dove vengono coltivati carciofi e primaticci in serra come zucchine e pomodori, andavano avanti da tempo, forse da anni. Un tarlo che si è insinuato nella mente di Angelo Tardino, 48 anni, che questa mattina di buon ora, s'è presentato nella casa di campagna del fratello Diego, 44 anni, armato di tre pistole, due rivoltelle e una calibro 9. Forse cercava l’ennesimo chiarimento, ma le armi che aveva portato con sè, regolarmente detenute, lasciano pensare alla volontà premeditata di compiere una strage.
La tragedia si è consumata in pochi secondi nell’abitazione di contrada Safarello, aperta campagna di Licata, a pochi passi da quei terreni contesi. Sull'uscio di casa, Angelo Tardino, utilizzando la Beretta cal. 9, ha ucciso il fratello minore. Poi avrebbe cercato, stanza per stanza, tutti gli altri componenti della famiglia. Con la stessa pistola ha freddato la cognata, Alessandra Ballacchino, 30 anni, e con un’altra rivoltella ha ucciso i due nipoti, Alessia di 15 anni e Vincenzo di 11.
Consumato il folle gesto l’assassino è risalito in macchina lasciandosi alle spalle, lungo via Riesi, la statua bianca di un Gesù che allarga le braccia, ha percorso circa due chilometri e si è fermato sotto un cavalcavia telefonando alla moglie: «li ho uccisi tutti…». E’ stata la donna ad avvisare i carabinieri che dopo essersi precipitati sul luogo dell’eccidio si sono messi immediatamente alla caccia dell’omicida. Il fuggitivo è stato raggiunto telefonicamente dai militari dell’Arma che hanno, provato a convincerlo a costituirsi. L’uomo, in un primo momento era sembrato propenso a presentarsi in caserma, poi però – mentre era ancora al cellulare con i militari – si è sparato alla tempia. Quando l’auto dell’agricoltore è stata ritrovata, e sono giunti i sanitari del 118, Angelo Tardino era agonizzante ma respirava ancora. E’ stato chiesto l’intervento dell’elisoccorso, i sanitari hanno intubato il ferito, che era già in coma, e lo hanno trasportato all’ospedale Sant'Elia di Caltanissetta. Ma i medici hanno spiegato che non c'era nulla da fare.» Il paziente non è operabile, le lesioni riportate sono gravissime e incompatibili con la vita» ha detto il primario del reparto di Rianimazione Giancarlo Foresta. Poco dopo, Tardino è spirato. I carabinieri di Licata – coordinati dal capitano Augusto Petrocchi, dal procuratore capo Luigi Patronaggio e dal sostituto Paola Vetro – hanno cercato di ricostruire i motivi che hanno determinato la tragedia, interrogando diversi familiari. Per investigatori e inquirenti, il fatto che Tardino si sia recato a casa del fratello con tre pistole non lascia dubbi sulla premeditazione.
«La comunità è sgomenta e l’amministrazione si sta muovendo per dichiarare il lutto cittadino per i funerali delle vittime dell’efferato omicidio, soprattutto per i bambini coinvolti nella tragedia» dice il sindaco di Licata, Pino Galanti. "Conosco alcuni componenti della famiglia, so che sono gente perbene, grandi lavoratori"aggiunge il vice sindaco Antonio Montana. «L'unica spiegazione che si può dare è quella di un raptus di follia». Padre Totino Licata, parroco della chiesa San Giuseppe Maria Tomasi, spiega che i tre fratelli, prima, vivevano tutti nello stesso stabile, ognuno in un piano. «Poi, la sorella è andata via, trasferendosi nelle case del marito – ha spiegato – e poi proprio Angelo Tardino si è trasferito nella casa di campagna. Cosa sia successo di recente non so». Sgomento anche tra i compagni delle scuole delle due piccole vittime di questa tragedia familiare: «Era un bambino allegro, generoso, pieno di voglia di vivere» dice Tiziana Alesci, l'insegnante del piccolo Vincenzo che frequentava la seconda media dell’istituto comprensivo Marconi. «Alessia era una ragazza solare, brillante e dolcissima» aggiunge la preside del classico Linares di Licata, Ileana Tardino.
Due ragazzi strappati alla vita, insieme con i loro genitori, per colpa della «roba».