Sparatoria Monreale, il dolore della mamma di Andrea che piange anche il nipote: «Ci hanno tolto tutto»
Miceli e Turdo, due delle tre vittime, erano due cugini molto legati: il primo infatti è tornato in piazza dopo aver messo in salvo la sua ragazza
da sinistra Andrea Miceli, Salvo Turdo
«Uno era figlio mio, l’altro era figlio di mia sorella. Ma erano indistintamente i nostri due figli. Sono cresciuti assieme, si sono sempre aiutati a vicenda. Hanno sempre condiviso tutto. Fino alla fine». Così al Corriere della Sera parla Giusi, mamma di Andrea Miceli, una delle vittime della strage di Monreale e zia di Salvatore Turdo.
«Erano i figli in comune che avevamo io e mia sorella. Sì, non erano cugini, ma fratelli - aggiunge -. E ora è finita così, ci hanno levato tutto, ci hanno strappato il cuore. Ma che cosa gli avevamo fatto per arrivare a tanto? Ma perché ucciderli in quel modo? Andrea era amico di tutti. Lui c'era sempre per tutti».
Quel sabato «avevamo trascorso una bellissima serata in famiglia. Tutti assieme a festeggiare il compleanno di una mia nipotina. Andrea aveva passato tutta la serata a scherzare e giocare con la bambina. Poi, verso le 23.30, mi ha detto: mamma esco con la fidanzata. Facciamo un giro con gli amici. Come ogni sabato, del resto. Ci siamo salutati e l’ho rivisto in un letto della rianimazione. Andavano sempre in posti tranquilli, assieme ad una comitiva di ragazzi perbene e lavoratori che a Monreale conoscono tutti».
Quelli di Palermo? «Hanno detto che erano venuti per rubare motorini. Ma se ne dicono tante. E poi, ormai che importa? Qualunque cosa sia successa si può reagire sparando tra la folla? Prendersela con ragazzi che non farebbero del male a nessuno? Andrea ha visto quello che stava succedendo e la prima cosa che ha fatto è proteggere la sua ragazza. È normale. Poi è tornato indietro perché c'era da aiutare suo cugino». «Ora è finito tutto. Non meritavano di fare questa fine con tutta la vita che avevano davanti. Io penso di impazzire per il dolore, ma voglio resistere perché aspetto che sia fatta giustizia». Il padre di Andrea afferma: «O lo Stato fa giustizia o cercherò di farmela da solo. Dopo quello che è successo la nostra vita non ha più senso».