PALERMO. L’inchiesta “Sorella sanità” si arricchisce di un nuovo capitolo. Ieri mattina, infatti, è stato interrogato a Palermo dal pm Giacomo Brandini (che con il collega Giovanni Antoci ha scoperchiato il maleodorante calderone della sanità siciliana) l’indagato Vincenzo Li Calzi (nella foto), 45 anni, di Canicattì, ai domiciliari dal 14 dicembre dopo aver schivato un provvedimento di cattura poi accolto dal Tribunale del Riesame.
L’interrogatorio di Li Calzi è stato disposto dai pubblici ministeri e ha avuto uno scopo investigativo. Tre i fattori che hanno determinato tale scelta: la cattura di Li Calzi; le dichiarazioni confessorie ed accusatorie di Salvatore Manganaro, l’imprenditore-faccendiere di Canicattì che ha avuto in Li Calzi un suo fedele esecutore di ordini, nonché la lettera e le dichiarazioni accusatorie dell’ex manager dell’Asp di Trapani, Fabio Damiani.
Il pm, senza calare le carte in tavola, ha mostrato di sapere più di quanto dovuto e ciò potrebbe consigliare l’indagato ad avere un atteggiamento collaborativo che avrebbe ripercussioni positive sulla sua posizione giudiziaria.
Per i magistrati, il duo Manganaro-Damiani (nome in codice di quest’ultimo “sorella” che ha dato la denominazione a tutta l’inchiesta) sarebbe stato artefice e promotore (per loro stessa ammissione) del sistema tangentizio che ha percorso (e ancora la vicenda non è definitivamente chiusa) l’intero apparato sanità siciliano.
Con Li Calzi che sarebbe stato prestanome e contabile delle tangenti dell’imprenditore canicattinese confluite nelle società Greensolution ed Healthcare Innovation che Manganaro oggi mette nelle mani della giustizia (valore complessivo 600mila euro) nel tentativo di giungere senza intoppi al patteggiamento.
Li Calzi, difeso dall’avvocato Angela Porcello, durante l’interrogatorio ha delineato e specificato il suo ruolo e precisato i compiti affidatigli dal Manganaro in cambio di uno stipendio. Il suo ruolo – ha spiegato – era di contabile e ragioniere oltre che di intestatario solo formale delle società e dei 2 trustee che, di fatto, avevano un “guardiano” che Li Calzi ha indicato nella madre del Manganaro.
«Non conosco Damiani – avrebbe detto Li Calzi – e non partecipavo alle loro riunioni. Anzi, mi veniva detto di sloggiare».