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Sicurezza, scontro tra i sindaci e Salvini «E’ finita la pacchia». Ma Conte “apre”

Di Paolo Teodori |

Continua lo scontro tra governo e sindaci sulla legge sicurezza. Matteo Salvini avverte: «è finita la pacchia e se c’è qualche sindaco che non è d’accordo si dimetta». Nel frattempo da Palazzo Chigi è stato fatto sapere che «se l’Anci desidera un incontro per segnalare eventuali difficoltà applicative collegate alla legge sull’immigrazione e sulla sicurezza, ben venga la richiesta di un incontro con il Governo, al quale anche il Presidente del Consiglio è disposto a partecipare insieme al ministro dell’Interno».

Ma su questo si profila un “no” secco di Salvini, che a Zapping, in serata, ha annunciato: «Con tutta la buona volontà, ma il decreto sicurezza lo abbiamo già discusso, limato per tre mesi e migliorato. Lo ha firmato il presidente della Repubblica e adesso questi sindaci vorrebbero disattendere una legge firmata al presidente della Repubblica?».

In una giornata convulsa il vicepremier e ministro dell’Interno ha invitato a rispettare «una legge approvata dal Parlamento, dal governo e firmata dal Presidente della Repubblica. E’ troppo facile – ha sottolineato – applaudire Mattarella quando fa il discorso in televisione a fine anno e due giorni dopo sbattersene».

Su questo aspetto è però bene ricordare che il presidente Sergio Mattarella lo scorso 4 ottobre ha firmato il decreto sicurezza accompagnando il provvedimento con una lettera – resa nota dal Quirinale – in cui si avvertiva «l’obbligo di sottolineare che, in materia», «restano “fermi gli obblighi costituzionali e internazionali dello Stato”, pur se non espressamente richiamati nel testo normativo».

Ha provato a stemperare gli animi l’altro vicepremier Luigi Di Maio, che ha ridotto tutto a «solo una campagna elettorale da parte di sindaci che si devono sentire di sinistra». Palazzo Chigi poi ha voluto chiarire alcuni aspetti particolari: secondo fonti interne sarebbero «inaccettabili le posizioni degli amministratori locali che hanno pubblicamente dichiarato che non intendono applicare una legge dello Stato. Il nostro ordinamento giuridico – hanno precisato le stesse fonti – non attribuisce ai Sindaci il potere di operare un sindacato di costituzionalità delle leggi: disapplicare una legge che non piace equivale a violarla, con tutte le conseguenti responsabilità».

Un contributo a decrittare la querelle l’ha fornita il presidente emerito della Consulta Cesare Mirabelli: «I sindaci devono applicare la legge – ha detto a Tv2000 – non hanno il potere di disapplicarla se la ritengono in contrasto con la Costituzione e non possono essi stessi direttamente accedere alla Corte Costituzionale per farne dichiarare l’ incostituzionalità».

L’Anci con il presidente Antonio Decaro ha risposto nel frattempo alle accuse sulla “pacchia” dicendosi pronto a nome dell’Associazione a restituire le fasce tricolori. Ma in serata proprio fonti del Viminale hanno voluto ricordare come la stessa Anci, con Decaro già presidente, nel 2017 avesse lamentato il rischio che i servizi di iscrizione anagrafica dei richiedenti asilo potessero sovraccaricare i municipi, soprattutto quelli più piccoli. «E il decreto Salvini – è stato sottolineato – ha raccolto quel suggerimento».

Anche il sindaco Orlando a stretto giro ha replicato a Salvini respingendo l’invito alle dimissioni: «E’ la prova che Salvini non ha capito niente e che viviamo in mondi diversi, io sto agendo da sindaco». Aggiungendo di essere al lavoro per portare la vicenda alla Corte Costituzionale. L’altro protagonista della rivolta, il primo cittadino di Napoli Luigi de Magistris, ha tenuto a spiegare che «il linguaggio di Salvini è indegno di un ministro dell’Interno».

Il tutto mentre Dario Nardella ha garantito che a Firenze non sarà violata alcuna legge (“Non darò alcuna istruzione in questo senso”) e che nel frattempo anche lui sta lavorando a un ricorso alla Consulta, ben sapendo «che i Comuni non hanno la facoltà di fare un ricorso diretto». Fermo l’invito al governo del candidato alla segreteria nazionale Pd Maurizio Martina ad ascoltare i sindaci, che «vanno convocati e non minacciati».

Nonostante l’invito di Decaro a «non polarizzare uno scontro tra posizioni differenti» con il ministro Salvini, sono emerse tra i sindaci differenze rimarchevoli. Nel pomeriggio un numero cospicuo tra quelli favorevoli al decreto ha chiesto che l’Anci «non venga usata strumentalmente per sostenere le posizioni politiche di una parte del Paese». Da qui, ha reso noto il pattuglione di sindaci pro-Dl – e tra questi il delegato alla Finanza Locale e sindaco di Ascoli Piceno Guido Castelli – la necessità di convocare i massimi organismi dell’Associazione. Richiesta accolta nel tardo pomeriggio da Decaro.

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