ROMA – Ci mancava solo questo triste primato in Sicilia che oggi risulta essere anche la regione più corrotta d’Italia. A certificarlo è l’Anac, l’autorità anti corruzione. Rispetto ai casi di corruzione dall’agosto 2016 all’agosto 2019 dal «punto di vista numerico, spicca il dato relativo alla Sicilia, dove nel triennio sono stati registrati 28 episodi di corruzione (18,4% del totale) quasi quanti se ne sono verificati in tutte le regioni del Nord (29 nel loro insieme)». Il dato emerge dal dossier “La corruzione in Italia nel triennio 2016-2019: numeri, luoghi e contropartite del malaffare”, presentato questa mattina dal Presidente dell’Anac, Raffaele Cantone, che analizza i casi di corruzione registrati in Italia nell’ultimo triennio. A seguire dopo l’Isola, secondo il dossier – il Lazio (con 22 casi), la Campania (20), la Puglia (16) e la Calabria (14).
I dati dicono che ad «essere interessate sono state pressoché tutte le regioni d’Italia, a eccezione del Friuli Venezia Giulia e del Molise. Ciò – precisa l’Anac – non implica che queste due regioni possano considerarsi immuni, ma semplicemente che non vi sono state misure cautelari nel periodo in esame. In Molise, ad esempio, vi sono stati arresti per corruzione nella primavera 2016, mentre la Procura di Gorizia, nell’ambito di una grande inchiesta sugli appalti, ha disposto nel 2018 numerose perquisizioni (ma non arresti)».
Nel periodo tra agosto 2016 e agosto 2019 sono stati 207 i pubblici ufficiali o incaricati di pubblico servizio indagati per corruzione. Sono stati 47 i politici indagati (23% del totale). Di questi, 43 sono stati arrestati: 20 sindaci, 6 vice-sindaci, 10 assessori (più altri 4 indagati a piede libero) e 7 consiglieri.
Nello specifico, sono stati 46 i dirigenti indagati, ai quali ne vanno aggiunti altrettanti tra funzionari e dipendenti più 11 rup (responsabile unico del procedimento).
Secondo i dati Anac, le forme di condizionamento dell’apparato pubblico più estese e pervasive si registrano prevalentemente a livello locale (specie al Sud), secondo forme di penetrazione capillare nel tessuto sociale, economico-imprenditoriale, politico e istituzionale.
I Comuni rappresentano gli enti maggiormente a rischio, come si evince anche dalla disamina delle amministrazioni in cui si sono verificati episodi di corruzione: dei 152 casi censiti, 63 hanno avuto luogo proprio nei municipi (41%), seguiti dalle società partecipate (24 casi, pari al 16%) e dalle Aziende sanitarie (16 casi, ovvero l’11%).
I casi di corruzione analizzati dall’Anac nell’ultimo triennio hanno interessato soprattutto il settore degli appalti pubblici. A seguire, il comparto legato al ciclo dei rifiuti (raccolta, trasporto, gestione, conferimento in discarica) con 33 casi (22%) e quello sanitario con 19 casi (forniture di farmaci, di apparecchiature mediche e strumenti medicali, servizi di lavanolo e pulizia), equivalente al 13%.
La nuova frontiera della corruzione che emerge dal dossier Anac è quella del posto di lavoro come nuova tangente. Il denaro continua a rappresentare il principale strumento dell’accordo illecito (48% dei casi esaminati) ma – scrive l’Anac «il posto di lavoro si configura come la nuova frontiera del pactum sceleris: soprattutto al Sud l’assunzione di coniugi, congiunti o soggetti comunque legati al corrotto (non di rado da ragioni clientelari) è stata riscontrata nel 13% dei casi. A seguire, a testimonianza del sopravvento di più sofisticate modalità criminali, si colloca l’assegnazione di prestazioni professionali (11%), specialmente sotto forma di consulenze, spesso conferite a persone o realtà giuridiche riconducibili al corrotto o in ogni caso compiacenti. Le regalie sono presenti invece nel 7% degli episodi».