Roma – Nel giorno in cui il Senato approva la legge che istituisce la Giornata della Memoria, per ricordare le 366 vittime della strage del 3 ottobre a Lampedusa ma anche tutte le altre migliaia di disperati finiti in fondo al Mediterraneo, si riapre ufficialmente la rotta sud, con oltre 2.500 persone salvate in meno di 48 ore a largo della Libia. Intanto, il Governo lavora ad una norma che consenta l’uso della forza per il prelievo delle impronte ed il fotosegnalamento dei migranti.
«Stiamo lavorando – ha fatto sapere all’Ansa (agenzia di stampa nazionale) il ministro dell’Interno, Angelino Alfano – a una ipotesi articolata che riguarda diversi aspetti, compreso quello dell’uso della forza nei confronti di coloro che si rifiutano di sottoporsi al fotosegnalamento che è obbligatorio per il nostro ordinamento e per quello europeo. Stiamo valutando dove inserirla». Ieri le navi della Marina, delle Capitanerie di Porto e gli altri mezzi delle diverse missioni impegnate nel canale di Sicilia hanno soccorso otto gommoni, con un migliaio di persone a bordo; oggi le operazioni di recupero sono state 12, per un totale di 1.467 migranti tratti in salvo: tutte operazioni concentrate a meno di 30 miglia dalla costa libica, in un tratto di mare compreso tra Zuwara e Tripoli. E purtroppo, tra le centinaia di uomini, donne e bambini ammassati nei gommoni, le navi di soccorso hanno recuperato anche i cadaveri di tre migranti, uccisi dalla fame e dagli stenti.
Le navi con a bordo i vivi e i morti arriveranno nelle prossime ore nei porti italiani e i migranti verranno smistati negli hot spot di Lampedusa, Trapani, Pozzallo e Taranto. Ad Augusta sono già arivate 218 persone. A favorire la ripresa delle partenze è stato, innanzitutto, il meteo favorevole, dopo giorni di mare mosso. Ma sulla decisione dei trafficanti di uomini di far salpare decine di gommoni ha inciso, dicono fonti d’intelligence, anche la ‘pressionè delle migliaia di disperati nascosti nelle fattorie lungo la costa e spaventati dal peggiorare del caos libico, con continui scontri tra milizie e l’avanzare dell’Is. Una situazione che, dicono sempre le fonti, potrebbe aggravarsi nei prossimi giorni, non solo per l’avvicinarsi della primavera e, dunque, di condizioni migliori per la traversata.
La chiusura della rotta balcanica potrebbe infatti spingere le migliaia di persone che fuggono dalla Siria a scegliere di nuovo la rotta libica, come avvenne nel 2014. Una situazione che obbliga l’Italia a studiare una serie di contromosse. Al momento, dicono al Viminale, non c’è emergenza, nonostante nelle strutture del sistema d’assistenza siano ospitate 107 mila persone e circa 10mila minori. Ma è evidente che se il flusso dalla Libia dovesse diventare più imponente, non basteranno i circa duemila posti ancora a disposizione e si dovrà ricorrere ad una nuova circolare per reperire ulteriori sistemazioni. Per ora, dunque, si lavora su altri fronti. Il primo è quello legislativo. In Cdm arriverà infatti nei prossimi giorni una norma che regoli “l’uso della forza nelle operazioni di fotosegnalamento e nella rivelazione delle impronte digitali di stranieri e di cittadini italiani”. La misura, ha spiegato con una comunicazione interna il Dipartimento della Pubblica Sicurezza, sarà contenuta in un provvedimento sugli hotspot che mira a “disciplinare il soccorso, la prima assistenza, l’identificazione nonché il rilevamento fotodattiloscopico e segnaletico, anche forzoso, dei migranti”. In particolare la norma, “sarà inserita nello schema di disegno di legge recante disposizioni in materia di protezione internazionale, in avanzato stato di predisposizione”.
L’altro fronte su cui si lavora è quello per evitare che si apra la rotta che dall’Albania porti in Puglia le migliaia di migranti bloccati al confine tra Grecia e Macedonia. Pochi giorni fa Alfano ha incontrato il suo omologo albanese ed è probabile che entro fine mese andrà a Tirana, per definire una serie di accordi. È in quest’ottica che ieri a Roma c’è stata una riunione tra funzionari di polizia italiani ed albanesi: un primo incontro per mettere a punto la missione della polizia italiana, definirne i dettagli e stabilire le priorità. Quel che è già certo è che i nostri poliziotti saranno impegnati sul fronte investigativo e non nei controlli alla frontiera veri e propri, per il contrasto ai trafficanti di uomini e per monitorare il rientro di possibili foreign fighters.