Cronaca
Sequestrati 30 milioni all’imprenditore che ospitò Bagarella
Beni per un valore che superano i 30 milioni di euro sono stati sequestrati dalla Dia di Palermo nei confronti di Giovanni Pilo, 83enne, imprenditore edile palermitano residente a Guidonia Montecelio (Roma). Il provvedimento è stato emesso dalla Prima Sezione Penale e Misure di Prevenzione del Tribunale di Palermo, presieduta da Raffaele Malizia, su proposta del Direttore della Dia, Generale Giuseppe Governale, d’intesa con il pm Dario Scaletta, dell’Ufficio Misure di Prevenzione, coordinato dal Procuratore Aggiunto Marzia Sabella.
Giovanni Pilo, nel 1976 e nel 1985, fu sottoposto a Sorveglianza Speciale, poiché i magistrati avevano ritenuto «sussistere nei suoi riguardi gravi indizi di appartenenza a Cosa nostra, sulla base dei collegamenti accertati con Calogero D’Anna, esponente mafioso della famiglia di Terrasini – dicono gli inquirenti – dei rapporti intrattenuti con la famiglia Gambino, inserita nella famigerata cosca della Noce, tra l’altro per aver sposato nel 1974 Anna Gambino, sorella di Giacomo Giuseppe, detto ‘U tignusu, capo del mandamento di San Lorenzo e quindi componente della Commissione provinciale di Palermo di cosa nostra – la Cupola”.
L’imprenditore agricolo era anche accusato di avere intrattenuto “degli stretti rapporti intercorsi con Francesco Cinà, esponente mafioso della famiglia di San Lorenzo, a cui aveva dato disponibilità di una villa, all’interno della quale venne ospitato, fra gli altri, l’allora latitante Leoluca Bagarella (secondo quanto riferito dal defunto mafioso Leopoldo Di Trapani), e detenute illegalmente armi e munizioni”, dice la Dia. Inoltre, a seguito delle dichiarazioni rese dai collaboratori di giustizia Tommaso Buscetta, Salvatore Contorno e Salvatore Anselmo, fu rinviato a giudizio nell’ambito del maxi-processo e successivamente condannato a 7 anni di reclusione per partecipazione ad associazione mafiosa.
Le indagini patrimoniali, svolte dalla Dia “hanno consentito di ricostruire la carriera professionale di Giovanni Pilo, schierato, nel corso della seconda guerra di mafia degli anni ’80, dalla parte dei Corleonesi, i quali, risultati “vincenti”, scelsero di farsi affiancare anche da costruttori edili per il controllo dell’urbanizzazione selvaggia ed il conseguente avvio di progetti speculativi ai danni del capoluogo siciliano (cd. sacco di Palermo)”.
“Coerentemente con gli obiettivi strategici di politica anticrimine definiti dall’Autorità di Governo, la Dia ha orientato in via prioritaria la sua attività verso l’aggressione di patrimoni illeciti – spiegano gli investigatori – Nei confronti di indiziati di appartenenza ad associazioni di tipo mafioso la performante normativa vigente consente al Direttore della Dia, con potere autonomo, di richiedere al Tribunale l’adozione di misure di prevenzione personali e patrimoniali. A conferma della pervasività della norma va rappresentato che essa estende la propria efficacia anche a soggetti che, seppure di età avanzata (come in questo caso), siano stati inquisiti o contigui alla criminalità mafiosa”. “La pervicacia dell’azione investigativa della Dia si esprime tramite misure prevenzionali patrimoniali che possono applicarsi anche verso gli eredi di indiziati mafiosi deceduti, entro cinque anni dalla data del decesso”, spiega la Dia.COPYRIGHT LASICILIA.IT © RIPRODUZIONE RISERVATA