il caso
Sedici migranti “dirottati” in Albania nei due centri costati 800 milioni di euro
Si tratta di bengalesi e egiziani. Il trasferimento a bordo di nave Libra
Erano diretti verso le coste italiane. Finiranno invece nei centri per migranti allestiti in Albania: 16 bengalesi ed egiziani intercettati la scorsa notte su alcuni barchini in acque internazionali saranno i primi ospiti delle strutture realizzate a Shengjin e Gjader. Sono ora in viaggio sulla nave Libra della Marina Militare. Mercoledì mattina è previsto l’arrivo.
Un miliardo di euro
Insorge l’opposizione: «un miliardo di soldi pubblici sperperati in spregio ai diritti».Dopo l’apertura dei centri la scorsa settimana (con 5 mesi di ritardo rispetto alla previsione iniziale), parte dunque la scommessa del governo frutto dell’accordo siglato dai premier dei due Paesi, Giorgia Meloni ed Edi Rama: gestire fuori dall’Italia le richieste di asilo dei migranti che hanno più probabilità di venire rimpatriati, così da ottenere un effetto deterrenza sui viaggi. Per capire se sarà vinta bisognerà attendere la conclusione delle procedure accelerate di frontiera che non è detto saranno approvate dai magistrati.
I due centri in Albania
Intanto, però, tutto è pronto nel porto di Shengjin e nel sito di Gjader. Il primo è un hotspot da circa 200 posti dove i migranti completeranno l’identificazione e lo screening sanitario. Un’iniziale identificazione è stata svolta già a bordo della Libra. Perchè non a tutti può essere applicata la procedura accelerata di frontiera: solo ai maschi, adulti, non vulnerabili, provenienti da Paesi inseriti nella lista dei sicuri. Bangladesh ed Egitto lo sono. Chi ha i requisiti richiesti e farà domanda d’asilo verrà quindi trasferito da Shengjin a Gjader, a 20 km di distanza, dove – in un vecchio sito dell’Aeronautica albanese – sono state costruite tre differenti strutture: un centro di accoglienza per richiedenti asilo (880 posti), un Cpr (144 posti) che ospiterà le persone destinate all’espulsione ed un penitenziario (20 posti) per chi compie reati all’interno dell’area. Il sito è perimetrato da muri e recinzioni e vigilato da telecamere. All’interno vale la giurisdizione italiana e forze dell’ordine italiane garantiranno la sicurezza. Presente nelle strutture anche personale dell’Unhcr per verificare il rispetto dei diritti dei rifugiati.
La procedura
L’intera procedura, a partire dalla domanda di asilo, dovrà concludersi in 4 settimane: chi ha diritto verrà trasferito in Italia, chi no sarà rimpatriato, dopo la permanenza nel Cpr. I tempi per i ricorsi – previsti videcollegamenti con il tribunale di Roma per esaminarli – sono stati dimezzati a 7 giorni dal decreto flussi appena approvato. I primi 16 migranti stanno viaggiando sul pattugliatore d’altura della Marina – 80 metri di lunghezza, una settantina di militari d’equipaggio – destinato a fare la spola tra l’area di mare a sud di Lampedusa e Shenjin.
Opposizione all’attacco
Dura l’opposizione. «Il governo Meloni – attacca la segretaria dem Elly Schlein – butta 800 milioni degli italiani in un accordo di deportazione di migranti in Albania, in violazione dei diritti fondamentali, in spregio a una sentenza della Corte di giustizia europea che fa già scricchiolare l’intero impianto di quell’accordo». Il riferimento è ad una decisione dello scorso 4 ottobre che fissa più stringenti parametri in base ai quali un Paese può considerarsi sicuro. Per Nicola Fratoianni (Avs), «quei centri albanesi sono destinati a diventare degli infernali centri di detenzione». E’, secondo Davide Faraone (Iv), «il più costoso e inutile spot propagandistico della storia repubblicana». L’Italia, rincara Riccardo Magi (+Europa), “apre ufficialmente le sue prime colonie detentive per stranieri nel territorio di un altro Paese».Da parte sua Giorgia Meloni tira dritto. Il governo, sostiene la premier, «con un mandato chiaro ricevuto dai cittadini, lavora per difendere i confini italiani e fermare la tratta di esseri umani, attraverso azioni concrete e accordi internazionali». Ed il ministro dell’Interno, Matteo Piantedosi, sottolinea che «i centri sono analoghi a quelli fatti sul territorio nazionale, sono di trattenimento leggero. Non c’è filo spinato, c’è assistenza. Tutti possono fare richiesta di protezione internazionale e ottenerla in pochi giorni».COPYRIGHT LASICILIA.IT © RIPRODUZIONE RISERVATA