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Sea Watch, il racconto di un migrante «Carola è brava. Salvini? In parte ha ragione»

Di Redazione |

Giorgia Orlandi, inviata di Euronews a Lampedusa, ha parlato con uno dei 42 migranti sbarcati dalla Sea Watch 3 dopo un’odissea di due settimane nel Mediterraneo. Dice di chiamarsi Khadim Diop, ha 24 anni ed è originario del Senegal.

Come sono stati gli ultimi giorni a bordo di Sea Watch? È vero che non avevate molto cibo?Sì, non c’era molto cibo, solo cuscus. Molte persone stavano male. Non è stato facile, ma questa donna, il capitano Carola Rackete, ci ha dato coraggio, non si è mai arresa e ha tenuto alto il nostro morale. L’unica cosa di cui avevamo paura è di essere rispediti in Libia. Ma lei ci diceva sempre di non preoccuparci, che non saremmo tornati indietro ma che ci avrebbe portato a destinazione. È una brava ragazza, l’Unione europea dovrebbe lodarla. Ha dato tutto, quando sono arrivati i libici per riportarci indietro lei ha resistito. Ci sono state delle discussioni, ma lei si è opposta.

Cosa pensi delle autorità italiane e di Salvini? Lo conosci?Sì, lo conosco. In realtà credo che in parte abbia ragione.

Davvero?Sì, vuole che l’Europa faccia la sua parte sui migranti. La Germania deve prenderne una quota, così come la Francia e gli altri paesi. Non si può lasciare fare tutto all’Italia. C’è crisi ovunque, non è facile per nessuno.

Dimmi un’ultima cosa: sei stato in prigione e sei stato venduto come schiavo. Quante persone erano con te? Pensi che ci sia un sistema dietro?Certo che c’è un sistema. Assieme a me c’erano più di 300 persone. A Ben Whalid tutti sanno cosa succede, e quello che fanno, vendono persone: neri ma non solo, anche egiziani, tunisini. Portano le persone in una casa isolata, poi le prendono una alla volta e le portano in una stanza con il telefono. Ci sono cavi elettrici ovunque. Quindi ti dicono: chiama i tuoi genitori e fatti mandare del denaro contante. Se non lo fai, ti picchiano, possono persino ucciderti. Tu cerchi di dire di no, non lo faccio, ma loro cominciano a picchiarti, così finisci per fare quella telefonata. Appena comincia la chiamata, usano i cavi per darti la scossa ai piedi. Ti fanno urlare dal dolore. I genitori al telefono sentendo quelle urla si spaventano, è così che li convincono a pagare.COPYRIGHT LASICILIA.IT © RIPRODUZIONE RISERVATA

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