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la polemica

Sanità, la partita dei manager è di nuovo aperta: «Qualche nomina potrebbe saltare»

Resa dei conti all’Ars. Da oggi in commissione Affari istituzionali l’analisi della documentazione Opposizioni già in trincea, ma da un «confronto informale» emergono scontri nel centrodestra

Di Mario Barresi |

La partita dei manager della sanità siciliana non è ancora chiusa. Perché c’è chi, non soltanto fra le opposizioni, serba la speranza di farne saltare qualcuno ai tempi supplementari. O magari ai calci di rigore. La prima occasione sarà oggi, quando la commissione Affari istituzionali dell’Ars si riunirà per un «approfondimento della documentazione relativa alle nomine dei direttori generali delle strutture sanitarie regionali e dei policlinici universitari». Saranno spulciati i 18 curricula dei commissari nominati dal governo regionale ai vertici di Asp e aziende ospedaliere siciliane, un passaggio obbligatorio prima di farli diventare direttori generali a tutti gli effetti.

Nomi sotto osservazione

Alcuni nomi sono già sotto osservazione. Anche perché ci sono già delle carte (esposti più o meno attendibili, ma anche atti parlamentari) che sollevano dei dubbi. Così, ad esempio, i deputati di Sud chiama Nord hanno presentato un’interrogazione sull’indicazione di Giorgio Santonocito, gradito alla Lega, al Policlinico di Messina. Il gruppo di Cateno De Luca chiede al governatore Renato Schifani e all’assessora Giovanna Volo se «se non ritengano opportuno riconsiderare la nomina» di Santonocito, che è coinvolto, in veste di direttore generale dell’Asl Roma 5, nell’inchiesta sul rogo dell’ospedale di Tivoli in cui nel dicembre scorso morirono tre anziani pazienti, ma è anche fra gli otto manager della sanità laziale indagati per falso nei bilanci Asl. Santonocito ha dalla sua una carriera di alto profilo e adesso, dopo essere stato cooptato dal dem Nicola Zingaretti in Lazio, è protetto dal leghista Pippo Laccoto (membro della prima commissione, ma anche presidente della Salute), che ha condiviso con Nino Germanà, altro big salviniano messinese, il coniglio tirato fuori last minute dal cilindro del vicepresidente Luca Sammartino. Un altro commissario con carte formalmente in regola è quello scelto (dopo una crociata vinta dall’assessore meloniano Alessandro Aricò) al vertice dell’Arnas Civico di Palermo: Walter Messina. Eppure c’è più di deputato, non solo di minoranza, pronto a sollevare un doppio tema di opportunità. Il primo legato ai due siluramenti subiti dal manager al Villa Sofia-Cervello: il primo nel 2020, da direttore generale, all’epoca di Ruggero Razza assessore, per i ritardi nella progettazione del nuovo polo ospedaliero; il secondo, da commissario, a firma di Volo, con l’avallo di Schifani, per aver perso circa 280 milioni di fondi Pnrr. Ma su Messina starebbe emergendo anche una sorta di “incompatibilità ambientale” al Civico. Dove c’è una sollevazione per uno dei primi atti firmati dal neo-commissario: la rimozione di Desirée Farinella, direttore sanitario dell’Ospedale dei Bambini, scelta dal governo regionale come capro espiatorio dello scandalo sul degrado del reparto di Nefrologia infantile sollevato dalla madre di una piccola paziente su Repubblica. La vicenda è oggetto di un’interrogazione firmata da Ismaele La Vardera (ScN), vicepresidente dell’Antimafia regionale, che parla di «provvedimento frettoloso e anomalo» e di «mera operazione di facciata, motivata dalla necessità di dare una rilevanza mediatica e di placare il generale malcontento nei confronti della sanità siciliana, tant’è che i disservizi contestati riguarderebbero anche altri settori dell’ospedale senza che sia stato adottato alcun provvedimento nei confronti di altri dirigenti». Una tesi condivisa da molti, nei corridoi del Civico. Dove si parla della rimozione di Farinella, che ha fatto ricorso, come «un’arma di distrazione di massa» per depistare su altre vicende aziendali, alcune anche pruriginose, che potrebbero essere già finite sul tavolo della Procura di Palermo.

Capitolo opportunità

Sempre nel capitolo dell’inopportunità, l’altro nome in discussione sarà quello di Pino Drago al vertice dell’Asp di Ragusa. L’ente che s’è costituito parte civile contro lo stesso Drago, imputato in veste di ex direttore sanitario assieme a dirigenti (fra cui l’ex manager Maurizio Aricò ed Elvira Amata, soltanto omonima dell’attuale assessore al Turismo, ex direttore amministrativo) e tecnici nel processo “Ethos” in cui i magistrati di Ragusa hanno evidenziato «gravi inadempienze» nei lavori dell’ospedale Giovanni Paolo II, con un danno stimato in circa 3,5 milioni dalla guardia di finanza. A scagliarsi contro la nomina, voluta dal capogruppo di Fdi, Giorgio Assenza, è stato anche il sindaco di Pozzallo, Roberto Ammatuna, che ha definito Drago «uno dei protagonisti di una delle stagioni più buie e scandalose della sanità ragusana».A proposito di processi. Ferdinando Croce, commissario dell’Asp di Trapani, è stato archiviato dall’inchiesta sui falsi dati Covid, quella tristemente nota per l’intercettazione sui «morti da spalmare», da braccio destro dell’ex assessore Razza che invece ha chiesto il rito immediato a Palermo. Ma sul golden boy messinese della sanità musumeciana emergono altri dubbi sul possesso dei requisiti. Il primo l’ha sollevato il segretario regionale del Pd, Anthony Barbagallo, annunciando «inflessibilità» contro chi «ha un curriculum in cui spicca, come dato qualificante, l’aver svolto il ruolo di capo di gabinetto alla Regione». A dire il vero il tema, già sollevato in passato, ha un precedente illustre con Angelo Aliquò, già ai vertici della sanità siciliana, oggi top manager dello Spallanzani di Milano. Ma sul tavolo della commissione Affari istituzionali c’è anche un dettagliato esposto, in cui si parla esplicitamente di mancanza di requisiti, in base alla quale Croce non potrebbe essere iscritto all’elenco nazionale, né poter essere ritenuto idoneo in Sicilia. Analogo ragionamento emergerebbe per Marzia Furnari, chiamata, sempre in quota FdI a guidare il Policlicnico di Palermo, posto al quale aspirava lo stesso Croce. Nella segnalazione alla commissione si parla di «brevi esperienze commissariali» a Caltanissetta e Trapani. Ma, seppur con gradazioni diverse, i riferimenti a Croce e Furnari chiamano in causa una scelta nazionale legata a norme ben precise.

Albo degli idonei e le cancellazioni

Restando all’albo degli idonei, c’è anche chi risulta cancellato per sopraggiunti limiti di età. È il caso di Gaetano Sirna, confermato al Policlinico di Catania su pressione di FdI, con il senatore Salvo Pogliese in sinergia con il leader autonomista Raffaele Lombardo. Tecnicamente, quella del manager classe 1953, è una proroga da commissario fino al 31 gennaio 2024. Un atto che, secondo una segnalazione (in cui si chiede, ad esempio, perché la stessa deroga sull’età da pensionamento non è stata applicata per Fabrizio De Nicola) sarebbe «clamorosamente illegittimo».

Le barricate M5S

Bisognerà capire cosa emergerà in commissione, dove il M5S annuncia le barricate con il vicepresidente Angelo Cambiano e la battagliera Martina Ardizzone. Sotto i riflettori grillini, oltre al caso di Croce, ci sono anche alcuni commissari ritenuti borderline dal punto di vista anagrafico: l’esempio più evidente è Sirna, ma i cinquestelle stanno verificando anche il profilo di Giuseppe Capodieci, scelto per Agrigento in quota forzista, in quanto già over 65 al «momento della presentazione della domanda». Di poco più giovani, ma comunque nella lista degli osservati speciali del M5S (seppur con ben pochi elementi a cui appigliarsi), anche due manager entrambi classe 1959: Daniela Faraoni, confermata da Forza Italia all’Asp di Palermo, e Roberto Colletti, uomo della Dc di Totò Cuffaro a Villa Sofia.Una delle denunce finite in prima commissione (indirizzata, fra gli altri, anche a Procura di Palermo e Corte dei conti), citata da buttanissima.it oltre a fare i nomi dei presunti manager «illegittimi», descrive con notizie di prima mano l’iter di selezione. Sottolineando delle «anomalie». La prima riguarda l’iniziale esclusione di alcuni aspiranti manager «in quanto non presenti nell’elenco nazionale» (Maria Letizia Di Liberti e Angelo Maria Serusi) o «in quanto hanno idoneità limitata a regioni con popolazione inferiore a 500.000 abitanti» (Giuseppe Briuccia, Filadelfio Adriano Cracò e Francesca Di Gaudio) alla data del 4 febbraio 2023. Poi, però, «dopo ampia e approfondita discussione» – in tutto due ore meno un quarto, cioè 105 minuti per 102 curricula, alla media di uno al minuto, in videoconferenza con la miracolosa firma olografa, nel verbale del 29 giugno 2023, di un membro da remoto – tutti i candidati, compresi quelli inizialmente esclusi, vengono ritenuti idonei per l’orale. Nel verbale della commissione si fa menzione solo del ripescaggio di Di Gaudio (“Lady Covid” durante la pandemia con il suo Cqr, nell’esposto vaticinata come «futura direttrice dell’Istituto zooprofilattico regionale»), ma non degli altri. Infine, un accenno al pasticcio degli elenchi. Con due liste diverse, anzi tre (gli idonei, i 49 maggiormente idonei fra cui i “top 11”, diffusi fra chat e media) e «una doppia presa d’atto di una doppia conclusione dei lavori di una stessa unica commissione». Alla fine, in un altro verbale finito nella Gurs, l’ulteriore tripartizione: 99 ammessi al colloquio, 12 assenti e 87 idonei finali.

Quanta carne (umana) al fuoco

Insomma, di carne (umana) al fuoco ce ne sarà tanta oggi in commissione Affari istituzionali. Non a caso il presidente Ignazio Abbate non ha previsto subito una votazione. Anche perché, in un «confronto informale», così lo definiscono alcuni deputati consultati da La Sicilia, sarebbero già emersi i nomi su cui ci sarà battaglia. Ma fra i componenti di maggioranza, per intenderci. Con «diverse sensibilità» dei due membri di FdI e alcune perplessità espresse, oltre che dal presidente cuffariano Abbate, anche dalla rappresentanza forzista. E sono propri questi manager a rischio – non più di due, al massimo tre – che le opposizioni proveranno a far saltare in commissione (dove la maggioranza, non considerando il voto di Gianfranco Miccichè, ha numeri risicati: 7-6), magari con qualche ammutinamento strategico. «Qualche nomina potrebbe saltare», riferiscono più fonti. Magari col voto segreto, nel successivo passaggio in aula per i nomi bocciati in commissione. Sarebbe una rivincita, seppur piccola, per M5S, Pd e ScN che sulle nomine non hanno toccato palla. Ma soprattutto una vendetta, per qualche irriducibile “soldato giapponese” del centrodestra.m.barresi@lasicilia.it

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