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San Berillo, olio fritto sulle scale

San Berillo, olio fritto sulle scale La guerra dei trans ai pusher subsahariani

Ecco lo stratagemma dietro il calo di “clienti”

Di Concetto Mannisi |

Da una parte i trans, dall’altra gli spacciatori dell’Africa subsahariana. Accade, manco a dirlo, a San Berillo, là dove gli uni (o le une, se preferite…) e gli altri hanno instaurato il loro quartier generale. Lo hanno fatto da lustri i trans, che sono stati anche gli unici a resistere ai continui blitz e rastrellamenti delle forze dell’ordine finalizzati, nei fatti, a chiudere il “quartiere a luci rosse” più noto di tutta la Sicilia e forse di tutto il Meridione; lo hanno fatto da qualche anno anche i ragazzi del Mali e del Gambia, per lo più ospiti al Cara di Mineo, che proprio attraverso lo spaccio di sostanze stupefacenti nella zona di piazza Teatro Massimo riescono a mettersi in tasca qualche euro.

Il fatto è che – dai oggi e dai domani – la vicinanza fra i due “partiti” ha cominciato a creare qualche problema. Non tanto ai migranti, che nelle aree di San Berillo meno trafficate (via Ciancio e via Pistone, in particolar modo) trovano rifugio sicuro e pure la certezza di incontrare sempre un “fratello” cui chiedere aiuto o col quale scambiare quattro chiacchiere, quanto piuttosto ai trans, che stanno vedendo svanire la loro clientela. Accade, infatti, che i drappelli di richiedenti asilo stazionino a lungo sulle scale d’ingresso dei palazzi in cui i trans vivono ed esercitano la professione, cosicché il cliente di turno – forse per imbarazzo, ancora più probabilmente per paura – piuttosto che citofonare o bussare alla sua “bella” e quindi inforcare il portone, gira i tacchi e se ne va. Tale situazione si sarebbe ripetuta più volte nelle ultime settimane, al punto tale che i trans, venuti a conoscenza di tutto ciò ed avendo effettivamente registrato un calo nelle… entrate, hanno deciso di adottare precise contromisure: dopo avere cucinato, infatti, cospargono i gradini su cui normalmente bivaccano i migranti di olio di semi già fritto.

Una trappola che, a quanto pare, ha già dato i primi risultati a chi l’ha ideata, con sommo disappunto di coloro i quali, invece, ad un tratto si sono ritrovati con pantaloni e magliette irrimediabilmente imbrattate. Certo, si tratta di un’arma a doppio taglio, perché su quei gradini sporchi potrebbe scivolarci il cliente che, a seguito della caduta rovinosa, potrebbe anche decidere di non fare più ritorno in quello stabile, ma soltanto il tempo stabilirà se il gioco vale la candela e se i trans hanno visto giusto nel mettere in pratica tale stratagemma a salvaguardia del loro lavoro. Ciò non toglie, in ogni caso, che sarebbero graditi interventi da parte del Comune per sanare tutte le ferite presenti in questa parte del quartiere, là dove fin troppe sono le case abbandonate e in condizioni pessime. Strutture che rendono queste strade e il vecchio San Berillo un luogo assai più brutto di quel che è e, quindi, lontano anni luce da quel che sarebbe dovuto essere attraverso i progetti di riqualificazione dell’area, di cui tutte le amministrazioni cittadine che si sono succedute negli anni hanno ampiamente ed a più riprese parlato. Invece quella parte di città, che pur sempre fa parte del salotto buono di Catania, continua ad essere ciò che è: un luogo in cui i trans continuano ad ospitare i loro clienti, in cui un intraprendente nigeriano ha creato una sorta di associazione culturale che si trasforma in discoteca per i migranti, e in cui, soprattutto, ragazzi del Gambia e del Mali trovano rifugio dopo essere stati individuati dalle forze dell’ordine durante la loro attività di spaccio in piazza Teatro Massimo.

Un paio d’anni fa la polizia seguì attentamente ciò che accadeva, specialmente durante i weekend: questi ragazzi raggiungevano Catania direttamente da Mineo e vi trascorrevano la notte spacciando, dopo avere nascosto lo stupefacente nei tanti anfratti che è possibile trovare in quella zona di San Berillo; nei casi di controlli delle forze dell’ordine, i pusher infilavano via Casa del Mutilato a gambe levate e raggiungevano via delle Finanze e stradine limitrofe, dove si infilavano in veri e propri ruderi che avevano occupato e adattato a loro seconda dimora se non a nascondiglio. Da fonti investigative, non è affatto da escludere che quella situazione possa essere ancora in atto ma, fin quando non si riqualificherà realmente il quartiere, ogni intervento sarà da intendere alla stregua di qualche pannicello caldo.COPYRIGHT LASICILIA.IT © RIPRODUZIONE RISERVATA

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