«I magistrati verso i quali bisognerebbe puntare il dito sono Giovanni Tinebra (ex procuratore di Caltanissetta, morto nel 2017 – ndr), che avrebbe dovuto essere chiamato a rispondere di aver avallato un evidente depistaggio nel corso di ben due processi, e Pietro Giammanco (ex procuratore di Palermo, morto nel 2018 – ndr), che ha ostacolato in ogni modo Giovanni Falcone e Paolo Borsellino, fino a concedere a quest’ultimo la delega per indagare sui fatti di mafia a Palermo soltanto quando la macchina carica di esplosivo che avrebbe dovuto ucciderlo era già pronta davanti al portone di via D’Amelio. Questi magistrati, e mi pesa chiamarli così, avrebbero dovuto rispondere del loro operato finché erano in vita».
Così Salvatore Borsellino, fratello di Paolo, in audizione alla commissione parlamentare Antimafia.
«Forse è dall’agenda rossa di Paolo Borsellino, la scatola nera della strage di via d’Amelio, che si dovrebbe ripartire per arrivare alla verità. Ripartire dal furto di quell’agenda compiuto, ne sono certo, da quelle stesse mani che hanno voluto la morte di mio fratello: non sto parlando della mafia ma di pezzi deviati dello Stato», ha aggiunto Borsellino, secondo il quale «pochi, troppo pochi, vogliono verità e giustizia in questo Paese» su questa vicenda.