PALERMO – La Tari pro capite in Sicilia nel 2018 è aumentata dell’8% rispetto all’anno precedente, continuando a rappresentare un peso insostenibile e spesso ingiustificato. A Palermo la situazione è ancora peggiore, con un aumento dei costi vicino al 10%. I dati analitici, che riguardano la tassa sui rifiuti pagata da cittadini e imprese, sono contenuti nel report dell’Osservatorio sulle tasse locali di Confcommercio. (www.osservatoriotasselocali.it) diffuso oggi. Secondo il report continua ad aumentare la tassa rifiuti per cittadini e imprese: nel 2018 è arrivata complessivamente a 9,5 miliardi di euro con un incremento, dal 2010, del 76% (+4,1 miliardi di euro). Ed il dato della Sicilia è il peggiore in Italia dopo l’Umbria, “a conferma della sempre crescente distanza tra il servizio offerto e i fabbisogni standard”. Nello specifico, Palermo contribuisce con 122 milioni e mezzo al costo della Tari (che a livello nazionale ammonta a 9 miliardi e mezzo).
«Paghiamo di più a fronte di un servizio sempre più scadente. L’allarme lanciato il mese scorso trova adesso riscontro nei numeri ufficiali di Confcommercio», commenta Patrizia Di Dio, presidente di Confcommercio Palermo e membro della Giunta Nazionale di Confcommercio con delega all’ambiente.
Ma non c’era bisogno del conforto dei numeri per accorgersi di qualcosa che in Sicilia si vede a occhio nudo. Dalle città alle periferie, le strade dell’Isola sono comune un grande discarica urbana. A Catania non c’è un’aiuola e un ciglio di strada che non sia piena di cartacce, bottiglie, mozziconi, plastiche e rifiuti di ogni tipo: nemmeno il centro città è esente dalla sporcizia. Idem a Palermo. Si salva qualche piccolo centro virtuoso che riesce a mantenere il decoro urbano, ma è chiaro che per i Comuni più piccoli è più facile, soprattutto raggiungere alte percentuali di differenziata, cosa che le grandi città sembrano quasi disconoscere.
Eppure il governo Musumeci trova anche il tempo di esultare per le percentuali di raccolta differenziata raggiunte. E’ dell’altro ieri il comunicato della Regione siciliana che cominciava così: «Vola la percentuale di raccolta differenziata in Sicilia. Nei primi quattro mesi del 2019 la media regionale si è attestata sul 39,05 per cento con il picco di aprile quando ha toccato quota 39,5». E poi il commento del governatore: «E’ veramente motivo di legittima soddisfazione – dice Musumeci – verificare che la percentuale di raccolta differenziata dei rifiuti in Sicilia cresce di mese in mese. Constatare che, in poco più di un anno e mezzo, abbiamo quasi raddoppiato lo scarsissimo dato del venti per cento, trovato al nostro insediamento, è la conferma che il percorso avviato dal mio governo, con la collaborazione di amministratori locali e cittadini, è quello giusto».
Sarà, ma i numeri non riescono a nascondere quello tutti vedono per strada, a meno che non si abbiano gli occhi foderati di prosciutto. Ovvero montagne di rifiuti a ogni angolo, amministratori costretti a dislocare video-trappole per arginare gli sporcaccioni (con il colmo di essere pure denunciati per diffamazione come il sindaco di Agrigento), servizi di raccolta che non funzionano, scioperi dei netturbini, tasse alle stelle, discariche al collasso e che non funzionano.
Anche il M5s ha stigmatizzato i toni trionfalistici della Regione a fronte di una situazione così grave. «Palermo al 19 per cento di differenziata, Messina al 21,5 e Catania all’11,5: le tre città principali della Sicilia restano inchiodate a percentuali misere e Musumeci che fa? Esalta la media del 39 per cento che risulta dai piccoli centri e camuffa l’emergenza delle grandi città, come Palermo, quinta città d’Italia, dove si sta sfiorando una crisi ambientale degna di quella che seppellì Napoli qualche anno fa. Cosa c’è da essere soddisfatti?», si chiedono i deputati regionali del Movimento 5 Stelle e componenti della commissione Ambiente all’Ars (Trizzino, Campo, Di Paola e Palmeri.
«Senza considerare che resta ambiguo il metodo di rilevazione delle percentuali di differenziata, non in linea con il sistema nazionale – ricorda Trizzino – troviamo inopportune le dichiarazioni di Musumeci in giornate nelle quali Palermo rischia davvero il collasso per colpe che ricadono non solo sulla Regione in generale, ma proprio su di lui, nella qualità di commissario delegato per l’emergenza rifiuti. Tra gli interventi che avrebbe dovuto portare avanti, c’era proprio la realizzazione della settima vasca della discarica di Bellolampo che, in barba a quanto da lui stesso dichiarato nel mese di febbraio di quest’anno, non vedrà la luce probabilmente fino al 2021 e nel frattempo i costi aumenteranno a dismisura».
Già Bellolampo. E’ di oggi la notizia, pubblicata dal quotidiano la Repubblica, che la procura di Palermo ha aperto un’inchiesta per inquinamento ambientale sulla discarica di Palermo. Sarebbero indagati l’ex direttore generale del dipartimento rifiuti dell’assessorato regionsle all’Energia Maurizio Pirillo e Marianna Grillo direttore generale per i rifiuti e l’inquinamento del ministero dell’Ambiente perchè l’impianto di bio trattamento sarebbe inadeguato. L’indagine riguarda anche i ritardi nella realizzazione della settima vasca ma per questo capitolo non vi sarebbero indagati per ora. Nel fascicolo vi sono atti, fotografie e relazioni ambientali come quella dell’Arpa secondo cui la discarica di Bellolampo costituisce imminente minaccia di danno ambientale.
Insomma, la Sicilia sembra giunta al punto di non ritorno. L’Isola è sporca come non mai e bonificarla sarebbe un lavoro encomiabile ma davvero impossibile. Fermare lo scempio, però, quello sì che sarebbe possibile, creare percorsi virtuosi che possano pian pian permettere alla Sicilia di diventare più pulita si può fare, realizzare un ciclo dei rifiuti sensato che aiuti cittadini e amministratori è un obbligo. Eppure si resta ancorati da anni ai vecchi schemi, alle solite discariche. E a pagare sono sempre i cittadini, almeno quelli che non evadono la Tari e che non sporcano come fanno purtroppo ancora tanti siciliani incivili.