CATANIA – In effetti nelle anticamere delle stanze dei bottoni regionali, da un po’ di mesi a questa parte, un certo “movimento” l’avevano notato. Manager e imprenditori, ma anche faccendieri e azzeccagarbugli. In quantità e qualità «quasi come dieci anni fa». Era l’epoca cuffariana, nell’inarrivabile stagione della raffica di autorizzazioni agli impianti eolici e fotovoltaici. Ma oggi «il mercato è cambiato», sussurra qualcuno. E l’affare più redditizio – nella Sicilia dell’eterna emergenza, costretta all’export di munnizza all’estero – sono i rifiuti. Discariche e impianti privati registrano un boom di richieste di autorizzazioni: già 22 le istanze di Via (Valutazione di impatto ambientale) nel 2018. E all’orizzonte anche una decina di «impianti di produzione di energia dai rifiuti». Chiedere l’apertura di una discarica o un mini-inceneritore è legittimo, un po’ meno sarebbe autorizzarli in assenza del piano regionale rifiuti o in difformità dal piano stralcio da poco approvato come guida momentanea.
Ce n’è abbastanza per far levare l’urlo di preoccupazione del M5S: «Sono state depositate centinaia di richieste sganciate dal piano rifiuti e dalla programmazione e numerose nascondono potenziali inceneritori». E sarebbe (soltanto) un legittimo esercizio del ruolo di opposizione, se non fosse che molte delle ragioni su cui si fonda la protesta grillina prendono spunto dalle parole di un esponente del governo di Nello Musumeci. Perché è stato proprio l’assessore ai Rifiuti, Alberto Pierobon, nel corso dell’audizione tenuta in commissione Ambiente dell’Ars lo scorso 1º agosto, a mettere in allerta i deputati pentastellati. Sollecitato da Nuccio Di Paola sulle autorizzazioni agli impianti privati, Pierobon dapprima resta sulla difensiva, sostenendo di «aver ribadito, non solo al dipartimento Rifiuti ma anche all’assessorato Territorio e ambiente, per quanto riguarda la Via-Vas che la programmazione è quella del piano stralcio». Un punto fermo che «pone fine al Far West», confessato implicitamente dall’assessore, negli ultimi tempi piuttosto in freddo con i vertici dirigenziali dei dipartimenti.
Un vero e proprio assalto alla diligenza (regionale) nel quale Pierobon ammette l’esistenza – «ed è vero, mi sono accorto per caso e questo è grave» – di binari amministrativi «su cui correvano impianti di produzione di energia da rifiuti» (ne ricorda 8-9), per i quali «rischiavamo non solo di soddisfare la domanda interna ma anche di dover importare rifiuti addirittura dai Paesi dell’Est». Per l’assessore «stavamo andando a quantità ciclopiche».
Molto più che fra le righe, l’assessore (che incidentalmente è anche consulente del ministro grillino dell’Ambiente, Sergio Costa) in commissione rivela anche che «incrociando le pendenze Via e le pendenze rifiuti c’erano minori procedure censite nel dipartimento rispetto alle maggiori procedure della Via». Pierobon precisa quindi che «anche lì, d’accordo con Cordaro (Toto, l’assessore regionale all’Ambiente, ndr) abbiamo detto: fermi tutti, diamo un ordine».
Ma il coming out dell’esperto veneto di area Udc chiamato a guidare l’assessorato ai Rifiuti continua con «l’altro punto», che riguarda «il mascheramento tecnologico di impianti che possono essere sussunti dentro procedure piuttosto che in altre». Pierobon in commissione fa un esempio per spiegarsi meglio: «La termo-ossidazione, che per voi è un termine evocato, può nascondere altri processi, per cui bisogna entrare nella progettistica pura per capire di cosa si sta parlando». E poi entra ancora di più nel dettaglio: «Non so, mi viene in mente un impianto che si sbandiera essere un impianto di recupero con tanta prosopopea da parte delle amministrazioni locali, e in realtà ho scoperto essere un bioreattore…».
Ora il principale timore è che in Sicilia rientrino dalla finestra i termovalorizzatori accompagnati alla porta dal governo Musumeci, pur senza escluderli in futuro. E così il deputato grillino Di Paola – che ha chiesto l’accesso agli atti «per conoscere tutti gli impianti di rifiuti che in Sicilia chiedono autorizzazioni Via o Aia» – prova a seguire la “pista” indicata dall’assessore Pierobon. Con una prima verifica a campione su un progetto a lui (gelese) più prossimo: l’impianto di termo-ossidazione dei rifiuti nell’ex area Asi di Gela, per il quale è stata chiesta l’autorizzazione «per una capacità di smaltimento di 50 mila tonnellate annue» per il fabbisogno di 8 comuni della Srr 4 Caltanissetta Provincia Sud più «eventuali conferimenti» della Srr di Enna. Fin qui nulla di strano. Sennonché Di Paola ha poi scoperto, carte alla mano, qualcosa in più sull’impianto di Gela. E cioè che «è progettato per trattare la frazione secca di Rsu, proveniente da un sistema di raccolta differenziata implementato a monte, ma in realtà può trattare anche altri tipi di rifiuti». Ma soprattutto che «per quanto riguarda le migliori tecniche disponibili individuate a livello europeo (cosiddette Bat) il processo di conversione termochimica che si verifica nell’impianto si inquadra nelle tecniche di riferimento degli impianti di incenerimento dei rifiuti».
Bingo. Alla prima richiesta di autorizzazione scandagliata, i 5stelle sostengono di aver trovato già la prova del «mascheramento tecnologico di impianti» di cui parlava l’assessore Pierobon in commissione. Da qui al mascariamento il passo è brevissimo.
Twitter: @MarioBarresi