Luigi Di Maio, ha appena lasciato la Sicilia. Al di là delle ragioni del tour e dei provvedimenti annunciati, c’è un dato politico “epidermico” rilevato da chi l’ha seguita. Ovunque accoglienza calorosa, applausi e zero fischi. La luna di miele con i siciliani che hanno tributato percentuali bulgare al M5S alle politiche continua, nonostante governare è più difficile di stare all’opposizione. Riuscirà a essere all’altezza delle aspettative dei siciliani?
«Il sostegno dei cittadini ci aiuta ad andare avanti, il loro incoraggiamento ci fa capire che siamo sulla strada giusta. Ricevere applausi quando sei al governo non è scontato e faremo di tutto per non deludere gli elettori, confrontandoci con loro sempre. Anche se la strada è ancora lunga, sono tanti i provvedimenti che abbiamo realizzato in questi 5 mesi di governo: penso alle misure contenute nel decreto Dignità per contrastare la precarietà, per evitare che le aziende delocalizzassero lasciando i lavoratori per strada, al divieto della pubblicità per il gioco d’azzardo. Abbiamo abolito i vitalizi e tagliato gli sprechi della politica, penso poi al reddito e alla pensione di cittadinanza, al superamento della legge Fornero e quindi al ripristino dei diritti dei lavoratori attraverso la reintroduzione della cassa integrazione per cessazione. Abbiamo un contratto di governo e stiamo realizzando quanto promesso in campagna elettorale. Certo, le cose da fare sono ancora molte ma abbiamo tutta la legislatura per poterle realizzare. Una cosa è certa: ci stiamo accorgendo che l’eredità che ci hanno lasciato i governi precedenti è più pesante di quanto pensassimo».
A cosa si riferisce?
«Ci hanno consegnato un Paese in macerie: 12 miliardi di aumento dell’Iva da disinnescare, grandi opere inutili con contratti e penali miliardarie, un clima sociale di difficile interpretazione con un indice di povertà tra i più alti d’Europa. Finché avrò fiato continuerò a battermi per restituire il sorriso a chi in questi anni l’ha perso, vedendo erodere i propri diritti di cittadini e di lavoratori».
Una delle misure più attese nell’Isola, anche come si rileva dai dati sul Rei (il 50% dei percettori fra Sicilia e Campania) è il reddito di cittadinanza. Può rassicurare che non sarà “ridimensionato” per far quadrare i numeri? E poi: visto che la Sicilia è statisticamente una delle regioni in cui c’è il più alto tasso di “furbetti” rispetto alle truffe Inps, come possiamo fare a sapere che questi soldi non andranno nelle mani sbagliate? Le pene fino a sei anni che ha annunciato possono bastare come deterrente?
«Il reddito di cittadinanza non sarà ridimensionato. È una misura strutturale che farà ripartire l’economia nel nostro Paese ridando speranza a chi, in questi anni, si è sentito abbandonato, lasciato solo. Non mi preoccupano “i furbetti” perché chi riceverà il reddito di cittadinanza firmerà un patto con lo Stato e sarà impegnato nella formazione e nei lavori di pubblica utilità. Sarà una vera rivoluzione nel mercato del lavoro strettamente collegata con la riforma dei centri per l’impiego. Il piano prevede da un lato il potenziamento di queste strutture, con l’inserimento di nuove figure professionali che avranno il compito di supportare e accompagnare i candidati nel loro percorso, sviluppando anche un piano di carriera, dall’altro, la creazione di un’infrastruttura amministrativa nazionale. Credo molto in questo progetto, è una misura che premia l’impegno costante, la voglia di rimettersi in gioco e di sfidare il mercato del lavoro».
Ha detto che, per amministrare una città difficile come Roma, la sindaca Raggi avrebbe bisogno di maggiori poteri. A partire dalla gestione dei rifiuti. Ed è la stessa richiesta che il nostro governatore ha indirizzato al premier Conte e al ministro Costa. Si può ipotizzare, al netto dei decennali ritardi della Regione, un sostegno sulle politiche ambientali? Anche Musumeci può sperare nei super poteri ipotizzati per Raggi?
«Musumeci già gode di poteri speciali conferitigli dal precedente governo nazionale, in merito a sei interventi straordinari. Non vediamo perché dovrebbe goderne di ulteriori. Intanto provi a risolvere il problema della gestione dei rifiuti in Sicilia con quelli di cui già dispone».
Musumeci risponde a Di Maio: «Ti voglio rassicurare, i poteri speciali te li restituisco»
S’è detto scettico sulla prospettiva che anche l’Ars dia un taglio, così come chiesto dal M5S, ai vitalizi. La perplessità da cosa nasce? E c’è un modo per “costringere” la Sicilia ad allinearsi a quanto già fatto da Camera e Senato?
«È una battaglia di giustizia ed equità sociale. In Sicilia purtroppo – e lo sapevamo – ci sono delle grosse resistenze, basti pensare che il presidente dell’Ars ha espresso rammarico per gli ex deputati regionali che potrebbero vedersi sforbiciato questo medievale privilegio. Faccio affidamento sui nostri tre portavoce componenti del consiglio di presidenza in Ars, affinché anche quell’ufficio adotti la stessa delibera adottata a Palazzo Madama. È vero che la Sicilia è equiparata al Senato, ma per i vitalizi serve un provvedimento ad hoc. Giancarlo Cancelleri ha già depositato una proposta di delibera sul taglio dei vitalizi che al momento, però, non risulterebbe ancora all’ordine del giorno del Consiglio stesso. Su questa battaglia non ci fermiamo. Da qui a fine anno ci saranno delle sorprese…».
Le Europee sono ormai alle porte. I primi sondaggi circolati attestano una sostanziale tenuta del M5S sulla soglia del 40% nell’Isola, seppur in calo rispetto al 4 marzo. La cosa sorprendente, ma fino a un certo punto, è il boom della Lega che sotto lo Stretto raddoppierebbe i consensi delle Politiche arrivando ben oltre il 20%. Come pensa di giocare sul terreno “di casa”, e cioè al Sud e in Sicilia, questo insolito “derby” con Salvini?
«Noi e la Lega siamo uniti da un contratto di governo che ha dei paletti ben precisi, allo stesso tempo, correremo divisi nel 2019. Quelle europee saranno delle elezioni molto importanti per decidere come sarà l’Europa del futuro: noi crediamo fortemente che da questa Europa non si debba uscire, che bisogna lottare ogni giorno per migliorare quello che non funziona. Perché oggi è evidente a tutti che qualcosa che non funziona c’è, partendo dalla gestione dell’immigrazione – un fenomeno epocale che ha visto l’Italia sola – e arrivando alla manovra finanziaria, con cui si sono manifestati pregiudizi a volte inaccettabili. Il 2019 sarà l’anno del cambiamento».
Anche in Europa?
«In Europa andremo oltre gli schieramenti diventando protagonisti e, al tempo stesso, ago della bilancia nel futuro Parlamento europeo. Ridaremo umanità e cuore a delle istituzioni europee che hanno bisogno di rinnovarsi. I riflessi del cambiamento avranno effetti positivi su tutto il nostro Paese, al Nord come al Sud. E fra gennaio e febbraio presenteremo un manifesto per un’Europa diversa. I veri antieuropeisti, oggi, sono quelli che dicono che va tutto bene così, a loro le elezioni europee riserveranno una bella sorpresa».
Twitter: @MarioBarresi