ROMA – L’ex presidente della Camera, Gianfranco Fini, è stato rinviato a giudizio per l’accusa di riciclaggio. Lo ha deciso il gup di Roma, al termine di una camera di consiglio durata circa tre ore. Con lui a processo anche l’intera famiglia della sua compagna, Elisabetta Tulliani e il «re delle slot machine», Francesco Corallo. Una indagine in cui un ruolo centrale ha avuto la opaca operazione di compravendita di un appartamento a Montecarlo, lasciato in eredità dalla contessa Annamaria Colleoni ad Alleanza Nazionale. Ma l’ex presidente della camera, attraverso i suoi difensori, si è subito detto «pronto a chiarire davanti ai giudici e a dimostrare la mia assoluta estraneità dei fatti».
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Il processo è fissato per il prossimo 30 novembre davanti alla quarta sezione penale. Il gip ha disposto il rinvio a giudizio anche per altri cinque indagati tra i quali il parlamentare di Forza Italia Amedeo Laboccetta. A seconda delle posizioni la Procura contesta i reati di associazione a delinquere finalizzata al peculato, riciclaggio e evasione fiscale. Secondo l’accusa, Corallo, Alessandro La Monica, Arturo Vespignani, lo stesso Laboccetta, Rudolf Theodoo, Anna Baetsen e Lorenzo Lapi, avrebbero fatto parte di un’associazione per delinquere che, nell’evadere le tasse, era dedita al riciclaggio di centinaia di milioni di euro. I soldi, una volta ripuliti, sarebbero stati utilizzati da Corallo per attività economiche e finanziarie, ma anche nell’acquisto di immobili che hanno coinvolto i membri della famiglia Tulliani.
Gli accertamenti del procuratore aggiunto Michele Prestipino e del pm Barbara Sargenti hanno riguardato anche l’immobile Boulevard Principesse Charlotte 14 finito nella disponibilità di Giancarlo Tulliani, attualmente libero su cauzione a Dubai. L’appartamento monegasco, secondo quanto accertato, sarebbe stato acquistato da Tulliani junior grazie ai soldi di Corallo attraverso due società (Printemps e Timara) costituite ad hoc.
Il coinvolgimento di Fini (che ascoltato dagli inquirenti il 16 novembre ha respinto tutte le accuse) nell’inchiesta è legato proprio al suo rapporto con il catanese Corallo. Un rapporto, per la procura, che sarebbe alla base del patrimonio dei Tulliani. Quest’ultimi, in base a quanto accertato dagli inquirenti, avrebbero ricevuto su propri conti correnti ingenti somme di danaro riconducibili a Corallo e destinati alle operazioni economico-finanziarie dell’imprenditore messe in atto tra Italia, Olanda, Antille Olandesi, Principato di Monaco e Santa Lucia.
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I Tulliani, come del resto Fini, sono accusati solo di concorso in riciclaggio e non anche di associazione per delinquere. Un rapporto, quello tra l’ex vicepremier e Corallo, scriveva il gip Simonetta D’Alessandro nell’ordinanza di arresto di Giancarlo Tulliani, maturato apparentemente solo dopo un’importante gara, bandita nel 2002, vinta dalla Rti del «Re delle slot» in materia di giochi.
«Siamo convinti che riusciremo a dimostrare l’estraneità di Fini all’esito dell’istruttoria dibattimentale», commenta l’avvocato Francesco Caroleo Grimaldi, difensore dell’ex presidente della Camera.