ROMA – “Gravissime prassi e violazioni di diritti fondamentali”, con “respingimenti arbitrari”, “negazione dell’accesso alla procedura d’asilo e uso della forza per l’identificazione delle persone in arrivo” negli hotspot di Lampedusa, Trapani e Pozzallo: a denunciarle – in un documento, dal titolo ‘Hotspot: luoghi di illegalità’, presentato in una conferenza stampa al Senato – è il Tavolo Nazionale Asilo, cui aderiscono molte organizzazione umanitarie e per la tutela dei diritti, tra cui Consiglio Italiano per i Rifugiati, Comunità di S. Egidio, Arci, Caritas italiana.
Sono attualmente 1.200 le persone nei tre hotspot, allestiti in strutture già esistenti, senza aumentarne la capienza, sottolineano le organizzazione firmatarie del documento, che ritengono che l’obiettivo sia «realizzare il fotosegnalamento e completare una distinzione arbitraria, tra richiedenti asilo e migranti economici, senza che venga in alcun modo applicata la procedura prevista dalla normativa». Denunciano casi di «centinaia di persone che, nonostante la loro manifestazione di voler richiedere protezione, hanno ricevuto decreti di “respingimento differito” con l’obbligo di lasciare l’Italia entro 7 giorni attraverso l’aeroporto di Fiumicino». E segnalano anche casi di minori non accompagnati che, erroneamente identificati come maggiorenni, hanno ricevuto un decreto di respingimento. In più le organizzazione sottolineano che cittadini provenienti da alcuni paesi africani come Gambia, Senegal, Nigeria o Ghana siano automaticamente considerati non “rifugiati” e pertanto non ammessi alla procedura d’asilo, a dispetto del fatto che per la Convenzione di Ginevra sui Rifugiati del 1951 conta solo la situazione individuale, non la nazionalità.
«Chiediamo che chiunque manifesti l’intenzione di chiedere protezione sia ammesso alla procedure, senza distinzione di nazionalità, e di trasferirlo nel sistema Sprar, che deve essere potenziato», ha spiegato Christopher Hein, presidente onorario del Cir. Le organizzazioni chiedono anche che le procedure per il ricollocamento vengano accelerate e che per indirizzare le persone all’interno dell’Ue vengano presi in considerazioni legami con un determinato paese.