PALERMO – Livelli di povertà crescenti, anche tra chi lavora. Giovani sempre più tagliati fuori dall’occupazione. E un trend di invecchiamento della popolazione assai preoccupante. È la fotografia della Sicilia, sempre più fanalino di coda del Mezzogiorno e del Paese. Così, non meraviglia che il numero di persone che beneficiano del Reddito di inclusione, misura di contrasto alla povertà assoluta, nell’Isola sia il secondo più alto d’Italia.
A puntare i riflettori sul fenomeno, è Rosanna Laplaca, portavoce dell’Alleanza contro la povertà in Sicilia, il cartello di 20 soggetti tra parti sociali, terzo settore e Anci siciliana. «I dati del primo semestre 2018 registrano per la Sicilia una platea di quasi 64.000 nuclei familiari percettori di Rei a cui si aggiungono 10.209 famiglie che beneficiano della precedente misura, il Sostegno all’inclusione attiva. Il numero complessivo è di 250.298 persone coinvolte, con un assegno medio mensile di 326 euro», dice.
Sicilia e Campania da sole, segnala l’Alleanza rielaborando gli ultimi dati Inps, coprono il 53% del totale delle persone coinvolte ed esattamente la metà delle famiglie che in Italia versano in condizioni di povertà assoluta; di queste, oltre la metà ha minori e il 18% disabili all’interno del nucleo. «È assai evidente – afferma Laplaca – la stretta correlazione tra disoccupazione, condizioni di lavoro, arretratezza economica e alta percentuale di richieste di sostegno al reddito. Certamente, si tratta di un rapporto destinato a salire per effetto del carattere di universalità del Rei e con il venir meno dal primo luglio dei cosiddetti requisiti familiari. Per le domande presentate già dal primo giugno, infatti, gli unici requisiti da soddisfare sono quelli reddituali, di cittadinanza e residenza, con un notevole allargamento della platea dei beneficiari in regioni come la Sicilia che ha un elevato tasso di disoccupazione, soprattutto giovanile».