«Il 76% delle tratte di rete indagate deve essere sottoposto con urgenza a un intervento di risanamento»: così gli amministratori giudiziari nominati dal tribunale di Palermo nel procedimento di prevenzione che interessò Italgas scrivevano nel 2014 dopo aver controllato, attraverso un pool di tecnici, la rete del metano gestita dalla società. I controlli avevano riguardato mezza Italia e anche gli impianti dell’agrigentino. Da accertamenti a campione erano emerse gravi situazioni di rischio ad esempio ad Agrigento città. La relazione degli amministratori sarà acquista dagli investigatori che indagano sulla fuga di gas di Ravanusa.
La relazione degli amministratori giudiziari fu inviata dalla Procura di Palermo, titolare del procedimento di prevenzione, a tutte le Procure e a tutte le Prefetture italiane interessate dalla segnalazione che aveva ad oggetto non solo l’agrigentino e la Sicilia, ma anche Roma e diverse altre città. Nel corso delle loro indagini, i tecnici dell’amministrazione giudiziaria accertarono una serie di irregolarità nella rete di Italgas. Nel tempo la società aveva dato in appalto la gestione e l’estensione del metano ad altre ditte: in Sicilia ad esempio diversi lavori erano stati eseguiti da Comest ed Euroimpianti plus srl riconducibili ai fratelli Cavallotti e ai loro familiari. I Cavallotti, indagati con l’accusa di essere stati imprenditori vicini al boss Bernardo Provenzano, furono poi assolti e i loro beni dissequestrati. Italgas fa sapere che Euroimpianti plus non ha mai lavorato a Ravanusa.
La relazione degli amministratori giudiziari elenca una serie di difformità alla legge della rete: tubazioni del gas che sarebbero passate «in adiacenza alle pareti dei pozzetti di ispezione – scrivevano i tecnici – senza alcuna protezione creando rischiose interferenze con tubi corrugati dentro ai quali sarebbe necessario che le tubazioni fossero protette con sistema dotato di sfiati per evitare che il gas fugante trovi nel cavidotti una via preferenziale di movimento». E ancora "non conformità nella profondità di interramento che – spiegavano – ha importanti ricadute sulla statica della condotta e sulla possibilità di un suo danneggiamento da terzi» e l’uso di «sfabbricidi e conglomerati bituminosi» trovati in diversi scavi al posto della sabbia, materiale che va usato per coprire le tubature perché in caso di fuoriuscita del gas non impedisce che si avverta l’odore e perché non consente la formazione di spazi in cui il gas che fuoriesce possa accumularsi. Ad Agrigento città, ad esempio, dove fu fatto il campionamento furono trovati esempi di uso di sfabbricidi come materiale di riempimento e «interferenze parallele non protette con cavidotto a diretto contatto».
La Italgas era stata commissariata per sei mesi dal 9 luglio 2014 da parte della sezione misure di prevenzione del tribunale di Palermo, commissariamento prorogato di altri sei mesi. La società è controllata al 100% da Snam. Era stata la prima volta che una società quotata subiva una misura del genere. I pm di Palermo avevano richiesto e ottenuto per Italgas il commissariamento in seguito a una inchiesta partita sulla società Gas spa, società riconducibile a Vito Ciancimino, ma gestita formalmente dall’imprenditore Ezio Brancato. La stessa Gas nei primi anni duemila risultava essere sotto il controllo del figlio di don Vito, Massimo.