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Quel folle sistema idrico che asseta Agrigento e la sua provincia

Di Fabio Russello |

Agrigento. Se Empedocle, il filosofo di Akragas, fosse ancora tra noi probabilmente, degli agrigentini, scriverebbe che costruiscono vasche come se l’acqua non dovesse arrivare mai. E il bello è che a 2500 anni di distanza, ci avrebbe preso ancora in pieno.

Perché la provincia di Agrigento, ma soprattutto l’interno della provincia, è vittima di un sistema talmente folle e ingarbugliato che tollera – come ad esempio a Canicattì, quasi 40 mila abitanti – turni di distribuzione dell’acqua di poche ore ogni otto giorni. Otto giorni sono assai pure quando la casa è costruita su una vasca da 20 o 30 mila litri. Figurarsi con le vasche da 3 o 4 mila litri sopra i tetti, ormai caratteristica delle sky line cittadine.

Eppure, mentre alla Regione si discute di riattivare persino il dissalatore di Porto Empedocle, fermo da anni, per ovviare alle carenze di approvvigionamento, per alleviare subito i disagi di quasi 100 mila persone basterebbe spendere solo 300 mila euro (noccioline in relazione al bilancio della Regione) per acquistare una pompa più potente in grado di portare acqua dal Lago Castello fino al potabilizzatore di Santo Stefano di Quisquina e da qui compensare il minore approvvigionamento da parte di Siciliacque, l’azienda metà pubblica e metà privata che prende l’acqua e la rivende ai gestori dei servizi idrici a prezzo non esattamente di saldo: Girgenti Acque paga 0,70 euro al metro cubo quando, ad esempio, il gestore di Catania paga 0,15. Perché allora non si spendono questi 300 mila euro? Vallo a sapere.

Probabilmente si saprà qualcosa in più venerdì 11 perché l’assessore regionale all’Energia Daniela Baglieri ha convocato un tavolo di crisi a Palermo con il prefetto e i rappresentanti di Ati, Girgenti Acque, Siciliacque e consorzi di bonifica per discutere della emergenza Agrigento. Il tavolo di crisi arriva dopo una sollecitazione di un deputato agrigentino, Michele Sodano, l’unico ad avere preso di petto la questione raccogliendo la rabbia crescente del territorio.

La storia recente dell’acqua ad Agrigento, in soldoni, è questa: Girgenti Acque dal 2008 ha la gestione del servizio idrico integrato, ma ad oggi 15 comuni su 43 non hanno consegnato le loro reti a causa della rivolta dei sindaci di quelle 15 comunità che non hanno voluto rinunciare alle proprie fonti e ai propri privilegi. Nel frattempo, nel 2018, è arrivata una interdittiva antimafia della Prefettura alla società che controllava Girgenti Acque che ha così accelerato il processo per la rescissione del contratto e per la costituzione di una società consortile dei Comuni. Sono passati due anni e mezzo, la rescissione c’è stata ma di quella società non c’è traccia e quindi, nelle more, il servizio è gestito ancora da Girgenti Acque. La società dopo l’interdittiva antimafia – ma ci sono ricorsi pendenti – è guidata da un commissario prefettizio (erano due ma uno si è dimesso polemicamente un mese fa) e da un commissario giudiziale perché nel frattempo il Tribunale di Palermo ha dichiarato lo stato di insolvenza di Girgenti Acque che ha debiti per almeno 80 milioni (la metà nei confronti di Siciliacque che, ovviamente, dà solo l’acqua che l’Autorità di bacino impone di dare e non una goccia in più). E inoltre, anche se il Tribunale delle Acque ha imposto lo stop, continuano a sopravvivere dei consorzi paralleli, come il Tre Sorgenti e il Voltano, che nel frattempo gestiscono acqua e nominano Cda e commissari. Siamo insomma in un tunnel. In fondo una luce, siapure fioca, potrebbe vedersi istallando la pompa al lago Castello. Il tavolo di crisi convocato dall’assessore Baglieri potrebbe sbloccare questi 300 mila euro e dare l’ok al riutilizzo del dissalatore.

Ma siccome quando si parla di acqua ad Agrigento non tutto è sempre come sembra, è meglio aspettare. Anche perché l’inchiesta della Procura di Agrigento sulla gestione di Girgenti Acque, diventata secondo l’accusa una specie di ufficio di collocamento per gli amici dei politici che l’hanno sponsorizzata, è quasi arrivata alla conclusione.

Ma perché si è arrivati a giugno con un approvvigionamento del tutto insufficiente e doppiamente grave se si pensa che l’emergenza sanitaria ha delle precise prescrizioni anche igieniche?

Girgenti Acque non dà colpe dirette e non accusa apertamente ma attribuisce i problemi al mancato aumento della fornitura di acqua da Siciliacque. Quest’ultima, per bocca della responsabile dell’Ufficio legale, Giovanna Stagno, spiega che «non ci sono disservizi» e che «la dotazione che forniamo è quella indicata dall’Autorità di bacino». Ma avverte che a «Girgenti Acque è stato comunicato che la dotazione idrica non potrà essere incrementata». Il “niet” non è legato solo all’insolvenza di Girgenti Acque, ma anche al fatto che il lago Fanaco con i livelli di prelievo attuali a ottobre o novembre, se non piove, rischia di svuotarsi e il problema potrà solo peggiorare. Senza contare che lo stesso acquedotto Fanaco subisce continui e copiosi interventi di manutenzione.

Ecco perché Girgenti Acque, come ha confermato il commissario prefettizio Gervasio Venuti, ha proposto di aumentare il prelievo dal Lago Castello con una pompa più potente. Insomma serve più acqua che però Siciliacque non può o non vuole dare: «A maggio – ha spiegato Venuti – abbiamo chiesto un aumento della fornitura perché ci sono zone dove d’estate c’è una utenza più abbondante. Ma la criticità del Lago Fanaco impedisce di aumentare la dotazione e già da oggi l’utilizzo è limitato. E’ tutto il sistema che sta andando in crisi». Una crisi che si scarica pure sulle tasche degli utenti che pagano tra le bollette più esose d’Italia col servizio probabilmente peggiore: «La Regione dovrebbe dare una risposta – ha detto Venuti riferendosi alle tariffe e al costo dell’acqua acquistata da Siciliacque – perché loro ritengono di dovere rientrare dagli investimenti e così la quota diventa quella». La soluzione che prevede un maggiore prelievo da Castello è al momento l’unica possibile a breve termine: «L’abbiamo richiesta tre settimane fa, aspettiamo e vediamo che succede. Ma è necessario anche dare seguito alla sentenza del Tribunale delle Acque che prevede la consegna delle reti da parte del Tre Sorgenti ad Ati. Non si può più tergiversare».COPYRIGHT LASICILIA.IT © RIPRODUZIONE RISERVATA


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