C’è una parola che viene pronunciata sino alla nausea, non appena si oltrepassa il vecchio portone in stile littorio del poligono di tiro di Catania, proprio accanto al cartello che indica “Alt, zona militare”. Questa parola è sicurezza. Chi scarica i nervi tirando il grilletto di una pistola mirando a una sagoma di cartone, non può sottrarsi a quello che gli istruttori ripetono come un mantra, ogni istante. È tutto attorno alla sicurezza che ruota questo sport, decennale.
«Non serve demonizzare le armi – spiega Felice Lizio, istruttore federale dell’Accademia di tiro italiana – perché se c’è l’intenzione di fare del male lo si può fare anche con altri strumenti. La visione che abbiamo noi è quella delle armi come sport e con nessun’altra intenzione».
L’insegnamento in prima battuta e per fare l’istruttore di tiro a segno bisogna essere anche un po’ psicologi. «Quando noi rilasciamo l’idoneità al maneggio delle armi che è il documento essenziale con cui una persona può utilizzare un’arma – sottolinea Lizio – facciamo un corso. Impartiamo delle nozioni. Prima di affidare un’arma a chiunque si parla di norme di sicurezza. Che sono quattro: un’arma deve essere considerata sempre carica, non può essere puntata mai contro qualcuno, quando si impugna il dito deve stare sempre fuori dal ponticello del grilletto e bisogna essere sicuri dell’obiettivo e di tutto ciò che lo circonda. Il dito sul grilletto si mette solo quando si è coscienti di volere colpire l’obiettivo». E partendo da queste quattro regole, eccola la sicurezza. Il passo successivo è la spiegazione su come si impugna e si maneggia un’arma in totale sicurezza, procedure standard per evitare rischi e incidenti.
«Non esiste il colpo accidentale, è scientificamente provato che non parte in maniera accidentale. Quando facciamo i corsi io porto sempre la mia pistola carica con il colpo in canna e la poggio sul tavolo insieme con una penna. E pongo la domanda all’aula» aggiunge. Ma qual è lo strumento più pericoloso? «Tutti pensano la pistola: sbagliato. Perché entrambi sono degli strumenti non pericolosi in condizioni di staticità. Perché se anziché prendere la pistola, prendo la penna e la conficco in un occhio, quello strumento – scandisce Lizio – è diventato uno strumento di morte. Cosa fa diventare uno strumento un pericolo? L’addizione del fattore umano. Dipende da chi “impugna” quello strumento, da come lo fa e se segue le norme di sicurezza, i pericoli sono azzerati. L’uso improprio fa diventare pericolosa l’arma».
Quello di Catania, con 3.000 iscritti è un poligono dell’Unione italiana tiro a segno (Uits) dato in concessione dal ministero della Difesa. Il presidente Carlo Rossitto spiega cos’è anche da un punto di vista emozionale.
«Dopo le arti marziali, il tiro a segno è lo sport in cui la disciplina mentale è l’essenza. Il Tsn non è per gli esagitati, ma per le persone normali, tranquille che invece di andare al calcetto o a correre, anno tiro a seno. A loro, la sicurezza è la prima cosa che viene inculcata. Perché un’arma scarica non esiste, solo se la smontiamo in cinque pezzi lo è. Noi lo diciamo non solo al privato che viene ad acquisire le conoscenze per ottenere l’idoneità, ma anche a chi tutti i giorni porta un’arma per servizio. Questa è la prassi in uso a tutti i poligoni. E grazie a Dio da noi armi non ne sono mai state sottratte…».