Cronaca
Quando Leonardi progettava un gassificatore di 100 milioni di euro
Catania. Il suo impianto, a cavallo fra Lentini e Catania, è il più grande del Mezzogiorno. E raccoglie 750mila tonnellate di rifiuti l’anno da 240 comuni siciliani. Ma per lui la discarica «non è un buco dove infilare l’immondizia», piuttosto lo strumento di «un’economia circolare, che aiuta l’ambiente e crea sviluppo e lavoro, con 90 dipendenti e 600 posti nell’indotto». Eppure Antonello Leonardi ammette: «Sono un imprenditore, non un benefattore. Ma di bene ne stiamo facendo, nell’Isola».
Rompe un lunghissimo silenzio, il grande capo di Sicula Trasporti, colosso siciliano dello smaltimento dei rifiuti solidi urbani. Ma, mentre replica ad atti pubblici e chiacchiericci privati, rivela l’ultima sfida: «Un gassificatore di ultima generazione, di quelli che in Giappone ce ne sono 36, con un investimento di poco superiore ai 100 milioni». C’è già la richiesta alla Regione e s’è tenuta la prima conferenza di servizi nell’iter di autorizzazione di «una specie di termovalorizzatore» capace di trasformare 150mila di tonnellate di indifferenziato l’anno. «Ci hanno chiesto integrazioni e valutazioni, forniremo tutto». Nel frattempo, anche per chi fattura 92 milioni l’anno soltanto con le discariche, ci sarà la necessità di trovare la montagna di soldi necessari. «Vedremo di coinvolgere fondi e altri investitori, noi guardiamo al futuro», chiosa Carmine Spina, che condivide col patron il ruolo di amministratore delegato di Sicula Trasporti.
Non vogliono essere chiamati “i re dei rifiuti”. Ma di fatto lo sono. Oggi, dopo la scomparsa del patriarca Giuseppe (classe 1931, deceduto di recente, facendo così estinguere un processo a suo carico su una presunta maxi-evasione, con sequestro di beni per 730mila euro), Antonino detto Antonello guida «un’azienda familiare, con imprenditori da tre generazioni». E mette subito le mani avanti: «La mia impresa non ha nulla da nascondere. E se siamo diventati i più grandi in Sicilia non è certo una colpa». Un “peccato originale”, però, spunta dalla relazione della commissione Bratti. L’organo parlamentare d’inchiesta sul ciclo dei rifiuti, parlando degli impianti di Lentini, sostiene che «tutti i decreti di autorizzazione ambientale rilasciati non possiedono le caratteristiche di conformità legislativa» e che la presunta discarica illegittima «ha determinato una grave compromissione del territorio». Leonardi, su questo punto, taglia corto: «Abbiamo sempre rispettato le norme e nessuno, dico nessuno, ci ha mai sanzionato». Il riferimento è anche ai «tanti controlli ricevuti dall’Arpa e dalla Provincia, sempre con esito negativo».
E allora, ritenendo di avere le carte in regole, l’azienda guarda avanti. In agenda c’è uno dei più grossi impianti italiani di compost per raccolta differenziata». Ma l’attesa (ormai da due anni) è soprattutto per il via libera della Regione al più gigantesco ampliamento di una discarica a livello nazionale: altri 4 milioni di metri cubi in tre diversi lotti. «L’ultimo bacino in coltivazione si esaurirà fra febbraio e marzo del 2021», certifica Spina. E dare più “spazio” a Sicula Trasporti, per il governo di Nello Musumeci potrà diventare una scelta quasi obbligata per non far scoppiare l’ennesima emergenza rifiuti nell’Isola. Del resto, spiega sornione Leonardi, il fatto che quasi due comuni siciliani su tre conferiscano nei suoi impianti «mica l’ho voluto io». Precisa Spina: «È una decisione a livello regionale per mancanza di alternative». Un oligopolio da 100 euro a tonnellata, di cui circa il 10% di margine di profitto. «Ma noi – precisano i vertici dell’azienda – siamo “costretti” a servire tutti i Comuni. Sia quelli virtuosi, sia quelli in dissesto finanziario». E così, nella Sicilia dei sindaci in default e dei carrozzoni mangiasoldi, può succedere anche che Sicula Trasporti vanti un credito «di circa 70 milioni da Ato e Comuni, compreso quello di Catania che con noi ha un debito di 12 milioni».
Ma la pacchia finirà davvero se la Regione – chissà quando – si doterà di altri impianti pubblici? La relazione dell’Antimafia regionale di Claudio Fava traccia un chiarissimo nesso fra il «vassallaggio» dei Palazzi e gli «altissimi margini di profitto» per i pochi player privati, con numerose zone grigie in mezzo. «Ben venga la concorrenza fra pubblico e privato, se non è sleale nobilita il mercato», dicono alla Sicula Trasporti. Aggiungendo una postilla maliziosa: «In 43 anni di attività la nostra azienda non ha ricevuto nessun finanziamento pubblico e ha continuato a investire. Chiedetevi perché a Bellolampo, una discarica pubblica, non sono partiti i lavori di ampliamento. E lì si tratta di soldi dei cittadini siciliani, non solo di quelli di Palermo».
E poi le voci. Gli odori. Come quello di mafia, alimentato anche da un’indagine per favoreggiamento a carico di Salvatore Davide Leonardi. La vicenda parte dalle rivelazioni di un pentito catanese, Salvatore Messina, che incastrò il pregiudicato del clan Pillera-Puntina, Massimo Scaglione, arrestato in flagranza, a luglio scorso, per estorsione aggravata subito dopo aver riscosso 14mila euro in contanti proprio da Leonardi Jr. «L’inchiesta è stata archiviata», confermano da Sicula Trasporti. Che è stata oggetto anche di un’ispezione antimafia disposta dal prefetto di Catania, Claudio Sammartino, della quale «aspettiamo con fiducia la relazione finale», chiosa Spina. Ma ciò non esime il cronista da una domanda diretta: mai avute pressioni dalla mafia? «Non ho mai ricevuto richieste di estorsioni o minacce. No, nessuna pressione», risponde Leonardi. E adesso, nonostante l’emergenza coronavirus, anche una svolta nell’assetto societario, dettata «dall’esigenza di un management all’altezza delle nuove sfide». Dallo scorso 6 marzo, oltre che da Leonardi e Spina come ad, il consiglio d’amministrazione di Sicula Trasporti è composto (e presieduto) da Vito Branca, avvocato catanese presidente di Riscossione Sicilia.
Immondizia, ma non soltanto. Perché i salotti (buoni e decadenti) dell’imprenditoria catanese sussurrano una malcelata invidia per l’irresistibile ascesa dei Leonardi. Protagonisti, non solo sotto il Vulcano, di uno “shopping” variegato e costoso: decine di immobili, ma anche alberghi, ristoranti e spazi commerciali. Anche in questo caso, il profilo è bassissimo: «Abbiamo un’industria, come la Ferrero. Punto. Cerchiamo di mettere qualcosa in tasca, possiamo fare altro per diversificare. Ma la nostra attività principale resta la discarica, che non è un buco dove buttare i rifiuti… Ma un lavoro all’avanguardia». Infine, purtroppo per le migliaia di tifosi che continuano a sognare, «nessuna intenzione di comprare il Calcio Catania», confessa Leonardi. Ma perché? «Ci basta la Sicula Leonzio, pure in serie C, guidata da mio figlio Giuseppe». Mormora il manager Spina: «Non esiste un solo caso in cui col calcio si fanno soldi». Ma con i rifiuti sì. E tanti.
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