PALERMO – Un proiettile militare e una minaccia che non lascia dubbi: «Zecca, sei nel mirino…». L’obiettivo è il procuratore di Agrigento, Luigi Patronaggio, che ha indagato sul ministro Matteo Salvini per il caso della Diciotti. La minaccia è arrivata al magistrato con una busta che riporta il simbolo di Gladio, l’organizzazione paramilitare clandestina vicina all’ultradestra.
In un foglio, scritte con pennarello nero, altre frasi intimidatorie che hanno indotto il prefetto Dario Caputo a convocare urgentemente il comitato per l’ordine e la sicurezza e la Procura di Caltanissetta ad aprire un’inchiesta. Si segue la traccia di un legame tra le minacce e l’indagine che Patronaggio ha avviato su Salvini e che poi ha trasmesso alla Procura distrettuale di Palermo, che a sua volta l’ha rimessa al Tribunale dei ministri. Salvini è indagato per sequestro di persona aggravato: si ipotizza che sia partito da lui l’ordine di bloccare per alcuni giorni i migranti soccorsi in mare dalla Diciotti.
Il vice premier è l’unico indagato di un’indagine che il Tribunale dei ministri dovrà concludere entro 90 giorni. I giudici, che hanno funzioni istruttorie, dovranno ricostruire la “catena di comando” sentendo diversi testimoni. La Procura di Palermo ha indicato, tra gli altri, il capo di gabinetto di Salvini, Matteo Piantedosi, e il comandante della nave militare, il capitano di fregata Massimo Kothmeir. Il Tribunale è alle prese anche con il nodo della competenza che resterebbe a Palermo se si accertasse che il presunto sequestro dei migranti è cominciato nelle acque di Lampedusa. Si sposterebbe invece a Catania se si stabilisse che il blocco è stato ordinato nel porto in cui la nave è arrivata.
La gestione dell’inchiesta avviata dalla Procura di Agrigento è dunque nelle mani di altri magistrati. Ma Patronaggio, che ha ricevuto varie solidarietà compresa quella del M5S, del Csm e dell’Associazione nazionale magistrati (“un atto vile”), potrebbe essere finito nel «mirino» (come è scritto nella lettera) per avere mosso i primi passi sul caso della Diciotti. Si tratta dell’ipotesi prevalente che viene desunta dal contesto anche politico in cui è maturata la minaccia e dalle forme in cui è stata rivolta al procuratore Patronaggio. Nel foglio in cui era avvolto il proiettile non ci sono infatti riferimenti diretti all’inchiesta su Salvini