Nessuno sconto da parte dei pm di Catania nel processo abbreviato “Pandora”, figlio dell’inchiesta dei carabinieri che lo scorso aprile ha scoperchiato il malaffare nel comune di Tremestieri e lambì anche la Regione. Ma andiamo per gradi. Si è appena conclusa la requisitoria dei sostituti procuratori Rocco Liguori, Fabio Saponara e Santo Distefano: le richieste di pena chieste al gup Ottavio Grasso sono state piuttosto pesanti considerando la riduzione di un terzo già messa in conto nel calcolo.
I magistrati hanno chiesto di condannare Santi Rando, l’ex sindaco di Tremestieri Etneo, a 8 anni e 10 mesi (le accuse sono voto di scambio politico mafioso per le amministrative del 2015 e diverse corruzioni). Chiesti 9 anni e 6 mesi per Pietro Alfio Cosentino, accusato di concorso esterno e voto di scambio-politico mafioso. Per la procura Cosentino è il ponte di collegamento tra politica e Cosa nostra, anche per la sua parentela con il boss Vito Romeo. I due sono cognati. A Romeo chiesti 6 anni. Il pentito Silvio Corra, ex reggente del gruppo Nizza dei clan Santapaola-Ercolano, ha parlato di un incontro politico a cui avrebbe partecipato Rando e dove ci sarebbe stata la presenza addirittura di Francesco Santapaola (figlio di Salvatore “Colluccio” e cugino di secondo grado di Nitto) che all’epoca – siamo prima delle elezioni Comunali del 2015 – era il reggente della famiglia catanese di Cosa nostra. Sono 6 gli anni chiesti anche per Santapaola.
L’inchiesta ha ricostruito una serie di condotte di corruzione che coinvolge professionisti e colletti bianchi. Ecco le altre richieste di pena: Antonio Battiato 5 anni e 4 mesi, Salvatore Bonanno (collaboratore di giustizia) 1 anno, Domenico Cucinotta 3 anni e 6 mesi, Antonio Cunsolo 5 anni e 4 mesi, Giuseppe Ferlito 4 anni e 4 mesi, Giovanni Naccarato 6 anni.
Battiato e Cunsolo sono i due carabinieri accusati di corruzione assieme al deputato regionale Luca Sammartino, che però è stato rinviato a giudizio e affronterà il processo ordinario. I due si sarebbero occupati di verificare e bonificare la segreteria politica del leghista dalla possibile presenza di microspie. Questo caso giudiziario, considerando che gli uffici erano nella titolarità della senatrice Valeria Sudano e compagna di Sammartino, è finito sui tavoli della Corte Costituzionale. La Consulta è chiamata a esprimersi sull’utilizzabilità delle captazioni eseguite all’interno di quei locali e se servisse “l’autorizzazione a procedere” visto che si trattava della segreteria politica di un senatore della Repubblica che gode dell’immunità parlamentare.