il processo
Processo “Pandora”: chiesti 8 anni e 10 mesi per l’ex sindaco Rando
Il processo col rito abbreviato: sollecitata la condanna anche per Pietro Alfio Cosentino
Nessuno sconto da parte dei pm di Catania nel processo abbreviato “Pandora”, figlio dell’inchiesta dei carabinieri che lo scorso aprile ha scoperchiato il malaffare nel comune di Tremestieri e lambì anche la Regione. Ma andiamo per gradi. Si è appena conclusa la requisitoria dei sostituti procuratori Rocco Liguori, Fabio Saponara e Santo Distefano: le richieste di pena chieste al gup Ottavio Grasso sono state piuttosto pesanti considerando la riduzione di un terzo già messa in conto nel calcolo.
Le richieste
I magistrati hanno chiesto di condannare Santi Rando, l’ex sindaco di Tremestieri Etneo, a 8 anni e 10 mesi (le accuse sono voto di scambio politico mafioso per le amministrative del 2015 e diverse corruzioni). Chiesti 9 anni e 6 mesi per Pietro Alfio Cosentino, accusato di concorso esterno e voto di scambio-politico mafioso. Per la procura Cosentino è il ponte di collegamento tra politica e Cosa nostra, anche per la sua parentela con il boss Vito Romeo. I due sono cognati. A Romeo chiesti 6 anni. Il pentito Silvio Corra, ex reggente del gruppo Nizza dei clan Santapaola-Ercolano, ha parlato di un incontro politico a cui avrebbe partecipato Rando e dove ci sarebbe stata la presenza addirittura di Francesco Santapaola (figlio di Salvatore “Colluccio” e cugino di secondo grado di Nitto) che all’epoca – siamo prima delle elezioni Comunali del 2015 – era il reggente della famiglia catanese di Cosa nostra. Sono 6 gli anni chiesti anche per Santapaola.
La vicenda
L’inchiesta ha ricostruito una serie di condotte di corruzione che coinvolge professionisti e colletti bianchi. Ecco le altre richieste di pena: Antonio Battiato 5 anni e 4 mesi, Salvatore Bonanno (collaboratore di giustizia) 1 anno, Domenico Cucinotta 3 anni e 6 mesi, Antonio Cunsolo 5 anni e 4 mesi, Giuseppe Ferlito 4 anni e 4 mesi, Giovanni Naccarato 6 anni.
Battiato e Cunsolo sono i due carabinieri accusati di corruzione assieme al deputato regionale Luca Sammartino, che però è stato rinviato a giudizio e affronterà il processo ordinario. I due si sarebbero occupati di verificare e bonificare la segreteria politica del leghista dalla possibile presenza di microspie. Questo caso giudiziario, considerando che gli uffici erano nella titolarità della senatrice Valeria Sudano e compagna di Sammartino, è finito sui tavoli della Corte Costituzionale. La Consulta è chiamata a esprimersi sull’utilizzabilità delle captazioni eseguite all’interno di quei locali e se servisse “l’autorizzazione a procedere” visto che si trattava della segreteria politica di un senatore della Repubblica che gode dell’immunità parlamentare.COPYRIGHT LASICILIA.IT © RIPRODUZIONE RISERVATA