CATANIA
Processo Oleandro, ecco le richieste di pena per i boss del clan Santapaola-Ercolano che “governano” Picanello
Il pm Giuseppe Sturiale, venerdì pomeriggio, ha chiesto al gup Pietro Currò di condannare gli imputati che hanno scelto il rito abbreviato
La mafia corrode il tessuto economico della città come un tarlo. L’indagine “Oleandro” della guardia di finanza, scattata lo scorso gennaio, ha permesso di bonificare il quartiere di Picanello, zona della città che per molti aspetti purtroppo è “governata” dal clan Santapaola-Ercolano. Una cellula di Cosa Nostra, che storicamente, ha goduto di una pericolosa autonomia gestionale. Il perno dell’operazione del Gico è l’aver scoperchiato gli affari di Carmelo Salemi “u ciuraru” che nel rione ha un negozio di fiori. Da qui il nome dell’inchiesta.
Le indagini, infatti, hanno un po’ scavato attorno al mondo imprenditoriale avvelenato dai tentacoli della criminalità organizzata. Il pm Giuseppe Sturiale, venerdì pomeriggio, ha chiesto al gup Pietro Currò di condannare gli imputati che hanno scelto l’abbreviato. Le richieste sono state pesantissime: 20 anni per Carmelo Salemi, nonostante un memoriale inviato in cui ammette la sua “partecipazione” all’interno del clan così come aveva già fatto nel processo “Picaneddu”, e per i suoi delfini: Alfio Sgroi, Giuseppe Gambadoro e Giuseppe Russo (detto “l’elegante” e “il giornalista”).
Il quartier generale del gruppo era una stalla in via Monterotondo: qui più volte i finanzieri, nel 2019, installano una telecamera che però puntualmente hanno scoperto e danneggiato. Inutile però. Le indagini sono andate avanti ugualmente.
Le richieste di pena avanzate dal pm sono state: Antonino Alecci 10 anni, Andrea Caruso 20 anni, Nunzio Comis 10 anni, Giuseppe Conti 16 anni, Michele Agatino Cuffari 9 anni e 8 mesi, Alessandro De Luca 8 anni e 10 mesi e 20 giorni, Santo Di Bella 3 anni e 8 mesi, Giuseppe Gambadoro 20 anni, Germano Lorefice 2 anni, Salvatore Nicotra 6 anni, Lorenzo Antonio Panebianco 4 anni, Giuseppe Russo 20 anni, Carmelo Salemi 20 anni, Mario Salemi 3 anni e 4 mesi, Biagio Santonocito 6 anni, Alfio Sgroi 20 anni.L’inchiesta è partita da un’intercettazione in cui un uomo di Calatabiano che 5 anni fa si lascia scappare: «Melo Salemi è il boss di Picanello, nascosto!».
I finanzieri alzano le orecchie e scoprono che Salemi stava riassettando le fila del gruppo mafioso ferito dopo gli arresti nel blitz Orfeo. Salemi , appena scarcerato deve espiare la sorveglianza speciale e quindi non può recarsi a Catania, ma grazie al suo uomo di fiducia Alfio Sgroi e il cugino Giuseppe Gambadoro sarebbe riuscito a “dirigere” ugualmente.
E nemmeno il carcere lo avrebbe fermato: infatti, in pieno Covid è arrestato nel blitz Jungo di Giarre, sarebbe riuscito a impartire ordini e direttive tramite familiari e il suo delfino Sgroi. Il reggente operativo (con le mansioni di interlocutore con altri clan e per la gestione della droga) sarebbe stato Giuseppe Russo. Anche un imprenditore è finito sotto processo: Giovanni Papa, che però ha scelto il rito ordinario.COPYRIGHT LASICILIA.IT © RIPRODUZIONE RISERVATA