Processo Montante, il Viminale non sarà parte civile: «Chiedete a Conte il perché»

Di Redazione / 28 Marzo 2019

ROMA – «Morra chieda a Conte». L’ennesima frizione Lega-Cinquestelle si consuma sul processo Montante e la mancata costituzione del ministero dell’Interno come parte civile. Nicola Morra, presidente M5s della commissione Antimafia, chiede conto a Salvini di tale scelta. La risposta del Viminale non si fa attendere: «Il ministero voleva costituirsi parte civile nel processo ad Antonello Montante, l’ex presidente di Confindustria Sicilia arrestato lo scorso anno. E lo aveva segnalato il 12 ottobre 2018 a Palazzo Chigi, che non lo ha ritenuto opportuno e il 18 ottobre ha negato la richiesta di autorizzazione sulla base del parere contrario reso dall’Avvocatura dello Stato due giorni prima. Per ulteriori delucidazioni Morra potrà rivolgersi al presidente Conte».

Morra, da parte sua, annuncia che Salvini sarà sentito in Antimafia per chiarire «questa scelta politica e simbolica assai importante. Prendo atto della nota del Viminale. Chiederò spiegazione a tutti i livelli istituzionali», aggiunge. I processi sul cosiddetto «sistema Montante» sono due: uno con rito abbreviato e uno con rito ordinario; 23 gli imputati con l’accusa di aver fatto parte – con ruoli diversi – di una sorta di rete di spionaggio messa in piedi dall’ex leader di Confindustria Sicilia, già paladino della legalità, per ottenere informazioni sulle indagini a suo carico. I procedimenti vedono coinvolti soggetti che fanno parte o hanno fatto parte di apparati statali: tra questi, l’ex direttore dell’Aisi Arturo Esposito, il colonnello dei carabinieri Giuseppe D’Agata, Andrea Grassi, ex dirigente dello Sco; e poi l’ex presidente del Senato Renato Schifani, imprenditori del settore sicurezza, esponenti dell’Arma e della Gdf. Tra gli imputati anche Andrea Cavacece, capo reparto dell’Aisi, il quale, su mandato della Presidenza del Consiglio, è difeso dall’Avvocatura dello Stato. Anche attorno a lui ruota il nodo tecnico per cui l’Avvocatura ha espresso un parere in cui dice che «viste le contestazioni formulate nei capi di imputazione, non si ritiene sussistano ragioni per le quali l’Amministrazione dell’Interno ovvero altre Amministrazioni dello Stato, si costituiscano eventualmente parte civile».

Tradotto: non si possono svolgere due ruoli in commedia, il difensore di chi è accusato e il rappresentate di chi si ritiene danneggiato da chi è alla sbarra. Anche perché, in caso di condanna, lo Stato potrebbe essere chiamato a rispondere sul piano di eventuali richieste di risarcimento. Per cambiare questo quadro, dovrebbero presentarsi elementi tali per cui all’Avvocatura venisse revocato il patrocinio legale. Oggi intanto l’Avvocato generale aggiunto dello Stato, Carlo Sica, ha incontrato Morra fornendogli le spiegazioni tecniche del caso.

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