Processo “Ippocampo”, trent’anni al boss Sebastiano Mazzei
Di Orazio Provini |
CATANIA – I giudici d’appello della 3ª sezione penale hanno confermato la sentenza di primo grado a carico del boss Sebastiano Mazzei e ad alcuni affiliati al suo clan, noti come i “Carcagnusi”, che nell’agosto 2014 finirono in manette nell’ambito dell’operazione Ippocampo. Rispetto al primo grado, pena diminuita di due anni a Michele Di Grazia, condannato a sette anni, per il quale la Procura generale, rappresentata al processo dal sostituto Marisa Gambino (divenuta capo della procura di Siracusa) aveva chiesto la riduzione, derubricando il reato in assistenza agli associati con l’aggravante dell’articolo 7 (il metodo mafioso). Per gli altri imputati il magistrato aveva chiesto la conferma del primo grado.
Confermate quindi le condanne inflitte dai giudici del Tribunale . Trent’anni a Sebastiano Mazzei, sedici anni a Galati Massaro Gianni, undici anni a Gioacchino Intravaia (cognato del boss Sebastiano), tredici anni a Riccombeni Prospero e nove anni ciascuno a Rosa Morace (madre del boss) e Gaetano Pellegrino.
I reati contestati (a vario titolo) spaziano dall’associazione mafiosa al traffico di droga, dal trasferimento fraudolento di valori all’intestazione fittizia di beni. Nel corso dell’operazione, che venne eseguita dalla Polizia nel giugno del 2014 e che portò in un successivo momento all’arresto del boss Sebastiano Mazzei, furono anche sequestrati beni mobili e immobili per un valore di circa un milione e mezzo di euro. Dalle indagini eseguite dagli investigatori emerse tra l’altro che il clan aveva assunto un ruolo di primo piano nel traffico di stupefacenti, mantenendo uno stretto collegamento con le famiglie mafiose della Piana di Gioia Tauro. Nel collegio difensivo, tra gli altri, gli avvocati Francesco Antille, Tommaso Manduca Salvo Pace e Giuseppe Rapisarda.