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LA SENTENZA

Prima ti sposo poi ti uccido, condannati all’ergastolo i killer su commissione ingaggiati dalla “Circe” di Misterbianco

La decisione della Corte d’Assise d’Appello sul diabolico caso di Barbare Bregamo scoperto grazie alle dichiarazioni di un pentito. La difesa pronta al ricorso

Di Laura Distefano |

Ergastolo nei confronti di Alfio Maugeri e Antonio Zuccarello. Questa la sentenza emessa ieri dalla Corte d’Assise d’Appello che ha confermato la sentenza di primo grado. I due imputati sono accasati di aver ammazzato, per conto della moglie Barbara Bregamo, l’imprenditore Santo Giuffrida di Misterbianco, la notte tra il 9 e il 10 dicembre 2002. Un omicidio scoperto solo dopo le dichiarazioni dal pentito Luciano Cavallaro, amante della consorte della vittima. Nel certificato di morte di Giuffrida, infatti, c’era scritto infarto. L’imprenditore, secondo la tesi accusatoria, è deceduto per soffocamento. Anche se prima sarebbe stato intontito con del sonnifero, per fare in modo che Maugeri e Zuccarello potessero entrare in casa senza essere sentiti.

La storia diabolica, ma a tratti anche drammatica, fu svelata quindi da Cavallaro, soldato dei Nicotra-Tuppi di Misterbianco. Da quell’input giudiziario partì un’indagine all’epoca condotta dal pm Marco Bisogni, oggi membro togato del Csm, che portò all’arresto dei due imputati, di Bregamo e di un’altra persona. La donna, infatti, avrebbe tentato due volte di far uccidere Giuffrida. Il primo tentativo fallì e allora, Cavallaro avrebbe ingaggiato Maugeri e Zuccarello per poter concretizzare il piano criminale.

In appello è stata riaperta la fase istruttoria: su richiesta dei pg Giovannella Scaminaci e Andrea Ursino è stato risentito il collaboratore di giustizia che ha ribadito quanto raccontato in fase d’indagine. Le difese avevano chiesto di acquisire la documentazione medica sul decesso, ma non tutto è stato recuperato.

Una verità processuale sul caso, conclamata dalla Cassazione, c’è: a volere la morte di Giuffrida è stata la moglie Barbara Bregamo. Che con l’aiuto dell’amante e degli altri complici ingaggiati – per fermare anni di violenze e minacce – avrebbe inscenato la morte per infarto del marito.

Anche questo troncone processuale finirà sicuramente davanti alla Suprema Corte. Le motivazioni arriveranno tra 30 giorni, ma già l’avvocato Francesco Marchese, che assieme ad Emilio La Ferrera difende Maugeri, è pronto a fare ricorso per Cassazione. «La Corte d’Assise d’Appello ha sostanzialmente confermato l’impianto di primo grado che, a nostro avviso, ha errato nella ricostruzione dei fatti e per farlo ha forzato il dato probatorio, tenuto conto che in presenza di una certificazione pubblica di un ospedale che dice che il soggetto è arrivato vivo al pronto soccorso ed è morto qualche ora dopo a casa, il collegio ha invece sostenuto che la vittima è deceduta due ore prima, soffocata. E quindi ha ritenuto attendibile il narrato del collaboratore e falsa la documentazione medica», commenta Marchese.COPYRIGHT LASICILIA.IT © RIPRODUZIONE RISERVATA


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