il caso
Prima l’Etna, poi lo Stromboli e i terremoti a Lampedusa e nelle Eolie: che cosa succede sotto la Sicilia?
Due eruzioni e due forti terremoti in 24 ore: potrebbe essere l'onda lunga della riattivazione della faglia Alfeo-Etna, una enorme struttura sismogenetica ubicata nel mar Ionio occidentale
Prima l’eruzione dell’Etna e l’esplosione nel cratere dello Stromboli, ora due forti terremoti che hanno impaurito i residenti delle Eolie e di Lampedusa.
Le due forti scosse di terremoto sono state registrate in mare a nord e a sud della Sicilia. I due eventi, che sono stati avvertiti nettamente dalla popolazione, non hanno causato danni a cose o persone. Il primo sisma, di magnitudo 3.6, è stato registrato alle 12.40 nel tratto di mare compreso tra Lampedusa e Linosa ad una profondità di 10 chilometri. Il secondo, alle 13.57, di magnitudo 3.8 è stato rilevato a largo dell’Eolie a una profondità di 11 chilometri. I due ipocentri sono stati localizzati dalla sala operativa dell’Ingv.
«In molte zone di Lampedusa e Linosa – ha detto il sindaco di Lampedusa, Totò Martello – abbiamo avvertito chiaramente la scossa di terremoto avvenuta questa mattina, ma al momento non si registrano danni né problemi per le persone, se non la comprensibile paura da parte di alcuni cittadini».
Ieri c’era stata paura a Stromboli per una forte esplosione nel cratere del vulcano. La ripresa dell’attività Stromboliana è stata segnalata anche dall’Ingv di Catania che parla di «una sequenza di esplosioni di intensità maggiore rispetto all’ordinario da varie bocche dell’area centro-meridionale della terrazza craterica». «L'attività – precisa l’lstituto nazionale di geofisica e vulcanologia – ha prodotto una significativa emissione di materiale piroclastico grossolano che ha ricoperto abbondantemente la terrazza craterica e ha raggiunto anche Pizzo. La nube di cenere prodotta si è diretta verso i quadranti meridionali». Attualmente sul cratere la scalata è autorizzata fino a 400 metri d’altezza. A Stromboli da alcuni giorni è presente anche una troupe che sta girando la serie televisiva sulla Protezione civile con la presenza di Ambra Angiolini.
Sempre ieri c’è stata una emissione di cenere dal Cratere di Sud Est dell’Etna con una, siapure limitata, colata lavica.
Una degli elementi chiave sembrerebbe la riattivazione della faglia Alfeo-Etna, una enorme struttura sismogenetica ubicata nel mar Ionio occidentale come ha affermato nelle scorse settimane, dopo un forte terremoto tra Catania e Siracusa, il prof. Carmelo Monaco del Dipartimento di Scienze Biologiche Geologiche e Ambientali dell’Università di Catania, uno degli autori di una ricerca focalizzata proprio su questa struttura tettonica.
Lo studio – dal titolo “Transtension at the Northern Termination of the Alfeo-Etna Fault System (Western Ionian Sea, Italy): Seismotectonic Implications and Relation with Mt. Etna Volcanism” – è stato pubblicato il 10 marzo scorso sulla rivista internazionale “Geosciences” e porta la firma dei ricercatori Salvatore Gambino, Giovanni Barreca, Giorgio De Guidi, Carmelo Ferlito e Carmelo Monaco dell’Università di Catania, Valentina Bruno, Mario Mattia e Luciano Sarfì dell’Osservatorio Etneo dell’Ingv e Felix Gross dell’Institute of Geosciences e Center for Ocean and Society di Kiel University in Germania.
«Si tratta in realtà di un enorme sistema di faglie, lungo fino a un centinaio di chilometri, ubicato ad est della più famosa scarpata Ibleo-Maltese – spiega il dott. Luciano Scarfì, sismologo dell’Ingv di Catania – che ha generato uno sciame continuo di terremoti minori già da novembre dell’anno scorso». I dati geologici e geofisici acquisiti a mare con diverse navi oceanografiche a partire dall’agosto 2014 (spedizione ESAT, responsabile il prof. Carmelo Monaco) e dall’aprile 2016 (spedizione Poseidon POS496 – Nave Meteor, responsabile il prof. Sebastian Krastel dell’Università di Kiel), e protrattesi fino allo scorso dicembre (spedizione HazELNUT – Nave Meteor, responsabile il prof. Felix Gros dell’Università di Kiel) con la partecipazione a bordo dei ricercatori Giovanni Barreca e Salvatore Gambino dell’Università di Catania, «indicano che la zona di deformazione, con direzione nordovest-sudest, della faglia Alfeo-Etna modifica chiaramente il fondale marino al largo della costa ionica, collegandosi lungo la Timpa di Acireale con i sistemi di faglia attivi del versante orientale dell’Etna» ha spiegato il prof. Carmelo Monaco.
«Nel complesso i dati morfo-strutturali, geodetici e sismologici, i profili sismici e le mappe batimetriche mostrano come caratteristiche geometriche e cinematiche simili caratterizzino l’intera fascia di deformazione sul fianco orientale del vulcano e nell’offshore ionico. In particolare, per quanto riguarda il versante orientale dell’Etna, è ancora fresco il ricordo degli eventi sismici del 29 ottobre 2002 lungo la faglia di Santa Venerina e quello del 26 dicembre 2018 lungo la faglia di Fiandaca» aggiunge il docente dell’ateneo catanese.
Per il prof. Carmelo Ferlito, vulcanologo dell’Università di Catania, «lungo questo importante allineamento tettonico, la fratturazione crostale consente la risalita di fluidi che, nel caso dell’Etna, hanno favorito l’alimentazione del magma fino in superficie confermando il ruolo primario della tettonica nell’attività del nostro vulcano».
«Il sistema di faglie Alfeo-Etna rappresenta un importante confine cinematico tra blocchi che si muovono in modo differenziale nel Mar Ionio occidentale, nell’ambito della convergenza tra la placca africana e quella europea» spiegano gli autori della pubblicazione. «Il terremoto della scorsa notte ci ricorda, infine, come la Sicilia sia al centro di importanti processi vulcano-tettonici attivi e di eventi sismici tra i più distruttivi del Mediterraneo e come la prevenzione e mitigazione del rischio sismico e vulcanico non possa prescindere da un’analisi dettagliata del territorio e dal continuo aggiornamento delle conoscenze geologiche e geofisiche» conclude il prof. Carmelo Monaco. COPYRIGHT LASICILIA.IT © RIPRODUZIONE RISERVATA