Cronaca
«Pomodoro, il rivale dell’Isola non è il Marocco ma l’Olanda»
Lo abbiamo incontrato a Portopalo, nel corso di un incontro con addetti ai lavori del settore agricolo locale. «Dobbiamo inquadrare bene la situazione – afferma Trentini – e non lasciarci condizionare da convinzioni che spesso non trovano conferma nella realtà dei fatti e nell’analisi dei dati. Non è il pomodoro che entra in Italia dal Marocco il problema per le produzioni di qualità di casa nostra, siciliane in particolare. Anzi, spesso questa vulgata è alimentata da francesi e spagnoli che in Marocco hanno molte imprese, utilizzate anche per aggirare l’embargo con la Russia. Noi italiani rischiamo di andare a rimorchio di Spagna e Francia in uno scontro che non arrecherà vantaggi per noi ma solo per altri. La concorrenza vera e propria in questo settore produttivo arriva da alcuni Paesi del Nord Europa. Penso innanzitutto all’Olanda».
Alcuni progetti innovativi, relativi alla produzione agricola nei Paesi Bassi, puntano ad una produzione di 200 chilogrammi per metro quadrato, molto più elevata rispetto a quelle italiane. «Le produzioni fuori suolo, ad esempio – prosegue Luciano Trentini – hanno innovato tanto. Il nodo della questione è comunque legato alla qualità: spesso il pomodoro che arriva dal Nord Europa è un prodotto privo di sapore, non certo all’altezza del pomodoro di Pachino Igp. La logica è quella delle grandi quantità a discapito della qualità».
Le altre insidie all’orizzonte per i produttori siciliani e italiani arrivano inoltre dalla Turchia, che presto invaderà i mercati di tutta Europa con sbocchi più facili in Russia, area oggi negata ai nostri produttori per il famigerato embargo contro il governo russo che ha procurato ingenti decrementi economici per le imprese che avevano rapporti commerciali con i russi.
«Ci sono Paesi, come la Francia, che stanno potenziando la produzione per il mercato interno. Noi dobbiamo cercare di conquistare quote di mercato più ampie all’esterno, avendone tutti i mezzi da un punto di vista qualitativo». Non c’è produzione fuori suolo o innovativa che possa riprodurre il mix del pomodoro di Pachino Igp che si può fare solo su un determinato terreno (l’estremità sudorientale della Sicilia, tra Pachino, Portopalo di Capo Passero in larghissima parte) per l’insieme unico di fattori del territorio: terreno, luce, temperatura e qualità delle acque di irrigazione. Caratteristiche che si riverberano in modo positivo sul prodotto, rendendolo più saporito, resistente, profumato e consistente e che hanno portato al riconoscimento del marchio di qualità di identificazione geografica protetta.
La quota di mercato nazionale complessiva del pomodoro si attesta a livelli di poco superiori al 13% (oltre il 40% di questa fetta arriva dalla Sicilia). Tra le minacce per i produttori anche i problemi legati alle virosi, a cominciare dalla “tuta absoluta”, che minacciano le colture protette e che impongono un’attenzione molto elevata. Come affrontare le prossime sfide? «La formula è quella di avere meno organizzazioni e più organizzazione. Il pomodoro, con i mezzi di trasporto e le comunicazioni attuali, arriva ovunque e da ogni parte del mondo. Bisogna puntare sulla qualità del nostro prodotto, certamente superiore a quella nordeuropea, turca e marocchina. Tuttavia, – conclude Luciano Trentini – senza un’azione comune tra produttori non si fa tanta strada e si rimane pesci molto piccoli facilmente esclusi da certi contesti virtuosi oppure mangiati dai pesci più grossi della grande distribuzione organizzata». Una strategia di gruppo, dunque, soprattutto in ambito commerciale, evitando la frammentazione dell’offerta che finisce per danneggiare il settore.
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