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L'INTERVISTA

Piersanti Mattarella jr: «Dopo 42 anni la mia famiglia ha diritto alla verità»

Parla il nipote del presidente della Regione siciliana ucciso il 6 gennaio del 1980 a Palermo: «Mai saputo nulla della nuova indagine, ora chiediamo giustizia»

Di Elvira Terranova |

«Dopo 42 anni la mia famiglia ha diritto di conoscere finalmente la verità sull'omicidio di mio nonno. Non abbiamo mai avuto alcuna notizia da parte della Procura di Palermo sullo stato delle indagini. Ora, però, chiediamo verità e giustizia». A parlare, in una intervista esclusiva all’Adnkronos, è Piersanti Mattarella, 35 anni, nipote omonimo del Presidente della Regione siciliana ucciso il 6 gennaio del 1980 a Palermo e morto tra le braccia del fratello, Sergio Mattarella, oggi Presidente della Repubblica.

A distanza di 42 anni non si conoscono ancora i nomi dei killer che uccisero Piersanti Mattarella, il Presidente "dalle carte in regola". Finora la famiglia non ha mai parlato dell’inchiesta sull'omicidio riaperta nel 2018 dalla Procura di Palermo. Ma tra pochi giorni i due titolari dell’indagine, il Procuratore Francesco Lo Voi e il suo aggiunto Salvatore De Luca, lasceranno il Palazzo di giustizia per guidare altre Procure. «Non abbiamo mai saputo nulla sullo stato delle indagini, a distanza di 42 anni dall’omicidio, nonostante ciclicamente il 6 gennaio vengano riportate notizie di stampa o indiscrezioni su presunte novità sulle indagini sull'omicidio di mio nonno- spiega Pieranti Mattarella, figlio di Bernardo Mattarella – oltre a questa ciclica ripetizione, quasi commemorativa più che di relativa notizia riguardo alle indagini, non abbiamo alcuna notizia da parte della Procura, nonostante si sappia dalla stampa che le indagini sono ancora aperti».

«Oltre ai titoli sensazionalistici del 6 gennaio la famiglia non ha notizie da 42 anni – dice ancora Piersanti Mattarella – nonostante nessuno di noi abbia mai fatto scioperi della fame o manifestazioni pubbliche eclatanti di dissenso, di rabbia. Chiaramente anche nella nostra famiglia c'è la voglia, anche il diritto e la pretesa, di sapere cosa è successo sotto casa nostra davanti agli occhi di mio padre, di mia nonna, della mia bis nonna. Sapere, quantomeno, se le indagini vanno avanti, se c'è stata una archiviazione, se ci sono novità, se c'è qualcuno che ci lavora. Negli ultimi anni, anche con il processo di Bologna, si è fatta luce sugli episodi più torbidi e più grigi di grandi fatti che hanno costituito la storia recente della Repubblica, le indagini su mio nonno non sono andate avanti, almeno questo è ciò che sappiamo noi»

Negligenza o altro? «Non mi sembra eccessivo parlare di negligenza se non si riesce a portare a termine questo compito dopo 42 anni…». Ma chi era Piersanti Mattarella per il nipote omonimo? «E' stata una mancanza, una assenza, conseguenza inevitabile su quello che è successo il 6 gennaio del 1980. Un evento che oltre a colpire la vita pubblica dei palermitani e dei siciliani, ha chiaramente sconvolto anche la vita personale di mia nonna, di mio padre e di mia zia, ma non solo. Anche i miei figli, in futuro, verranno travolti da un omicidio che nonostante sia stato sotto gli occhi di tutta la nazione per molto tempo, a distanza di 42 anni, ancora non ha trovato la chiave di volta. Non si è riusciti a compiere una esatta valutazione di ciò che è successo e del perché, anche se abbiamo molti indizi per poterci fare un’idea da alcuni atti di indagine e dalle emergenze processuali di altri procedimenti». 

Poi ancora sul nonno, un ricordo di famiglia: «Me lo raccontano come una persona solare, molto empatica, capace con lo sguardo di catturare l'attenzione delle persone a cui si rivolgeva, una persona molto equilibrata, oggettiva e nonostante abbia avuto dei valori forti e dei principi saldi, si rapportiva, si apriva a un dialogo anche con persone che potevano avere idee politiche opposte alle sue ma che avevano la voglia di fare qualcosa per la comunità. Un esempio? Il rapporto che aveva con Pio La Torre, un politico che era un avversario politico ma con il quale, nonostante le ampie divergenze, c'era una ampia convergenza sull'aspetto della legalità, nella lotta al malaffare ma in generale della lotta ai centri di potere occulti nella politica siciliana».

«Non abbiamo mai avuto notizie né dal Procuratore Lo Voi e dal suo aggiunto De Luca né da tutti gli altri magistrati che si sono succeduti in questi 42 anni – spiega ancora Piersanti Mattarella – Ogni anno spunta un articolo di giornale in cui spunta una pista, una dichiarazione, un indagato che parla, un fratello di un altro indagato che dice di sapere delle cose. Insomma, anche se i modi sono stati più pacati rispetto alle reazioni emotive e ai primi impulsi che sono umani in qualunque altra persona, chiaramente anche nella nostra famiglia c'è la voglia di sapere. Abbiamo anche il diritto di sapere cosa accadde il 6 gennaio del 1980. Visto che non si parla del furto di una bicicletta, di affari di secondo piano, ma di un evento che ha cambiato la storia della città se non della nazione intera».

Piersanti Mattarella ricorda poi la sentenza di primo grado sulla strage di Bologna in cui viene citato il "testamento civile" di Giovanni Falcone. «Oltre alla sentenza della strage di Bologna – spiega ancora il nipote maggiore del Presidente assassinato 42 anni fa – anche le più recenti sentenze che hanno riguardato, ad esempio, la cosiddetta trattativa tra Stato e mafia. O, ancora, i fatti del '92. Hanno evidentemente fatto emergere dei rapporti che magari negli anni '80 non erano neanche ipotizzabili tra Cosa nostra e organizzazioni terroristiche, in questo caso di estrema destra. La lungimiranza di Giovanni Falcone negli anni Ottanta lo aveva portato a intravedere la luce in fondo a quello che è un tunnel di 42 anni di indagini. Ma dopo di lui questa pista è stata abbandonata nonostante il riconoscimento di un testimone oculare. E la stessa recente sentenza di Bologna non fa che confermare quella che era stata l’intuizione, lo spunto investigativo di Falcone e, dunque, l’esistenza di determinati e forti legami, almeno per la commissione di alcuni atti criminosi tra la mafia e le organizzazioni terroristiche eversive di estrema destra, i Nar in particolare».

E parlando dei verbali desecretati di recente dalla Commissione nazionale antimafia con le audizioni del giudice Giovanni Falcone, Piersanti Mattarella jr dice: «cosa ribadita anche dal fratello di Fioravanti. Che nonostante il legame affettivo con il fratello, non è mai stato in grado di escludere la partecipazione del fratello in questo fatto di sangue».

Ma perché dopo 42 anni ancora c'è questo buco nero sui killer del Presidente Mattarella? «Perché è indubbio che soprattutto ai tempi le indagini non sarebbero state facili. Non era un compito facile per gli investigatori riuscire a trovare un legame tra i Nar e la mafia, soprattutto in quegli anni quando sembrava una regola quasi ineludibile che la mafia non ammazza davanti ai parenti, alle donne, o che usa solo killer associati. Alcuni dogmi sul modus operandi di Cosa nostra tra l’opera dei pentiti e l’importante opera delle varie procure che hanno combattuto la mafia, questi dogmi sono venuti meno. E oggi sappiano che già ci sono molti fatti importanti che hanno visto la cooperazione tra la mafia e altre organizzazioni terroristiche criminali».

«Sicuramente sono stati fatti anche degli errori – dice ancora Piersanti Mattarella – è vero che le indagini erano difficili e ostiche, ma si è passati sopra con semplicità alle dichiarazioni di un testimone oculare che non era un semplice passante, ma era informato delle vita privata della vittima». «Era difficile ai tempi riuscire a trovare questa pista – aggiunge Mattarella junior -ma è indubbio che in 42 anni sono stati compiuti molti errori e molte omissioni». «La notizia, ad esempio, appresa da fonti di stampa, della perdita di alcuni reperti importanti, il ritrovamento di pezzi di targa a distanza di 41 anni in una stanza piuttosto che in un’altra».

  Piersanti Mattarella era il Presidente "dalle carte in regola" perché aveva provato a cambiare la Sicilia. Ma oggi l’isola ha le carte in regola? «Sicuramente dal 1980 ad oggi sono migliorate molte le cose- dice- solo il fatto che prima che iniziasse l’azione politica di mio nonno, non era previsto neanche un bilancio preventivo regionale, o che l’organizzazione della macchina burocratica fosse preistorica o del tutto carente, sono aspetti sui quali si sono fatti passi avanti ma restano delle macchie, che continuano a caratterizzare la nostra regione». 

Cosa resta oggi di Piersanti Mattarella? «Resta il ricordo di una persona che ha sacrificato il bene più grande, cioè la sua vita, nell’intento di fare del bene per tutti, di operare a favore della collettività, di non cercare scorciatoie per facili interessi personali. Ed è, inoltre, l’esempio che seguendo principi di valori saldi e stabili si può emergere anche in un contesto come quello della politica siciliana degli anni '80, soprattutto la Dc, che si può definire quantomeno grigio se non caratterizzato da collusioni e rapporti con ambienti poco trasparenti». 

E poi conclude, non nascondendo la sua emozione: «La cosa che mi da più orgoglio dell’essere nipote di Piersanti Mattarella è vedere le facce della gente che conosceva mio nonno e riuscire a vedere nei loro occhi, non di tutti, la commozione al ricordo di una persona che aveva impostato la sua vita nell’ottica di un interesse comune e collettivo per combattere i mali che tuttora, seppure in maniera diversa, affliggono la nostra regione». COPYRIGHT LASICILIA.IT © RIPRODUZIONE RISERVATA

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