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Peppino Impastato 40 anni dopo: presidio e corteo per ricordare un eroe

Di Antonella Lombardi |

CINISI – Un presidio al casolare nella campagna di Cinisi (Palermo) dalla mattina con gli studenti delle scuole, poi tutti in corteo per ricordare, 40 anni dopo, l’uccisione di Peppino Impastato, il militante di Democrazia proletaria, fondatore di radio Aut, riconosciuto giornalista postumo, ucciso dalla mafia il 9 maggio del 1978, lo stesso giorno in cui l’Italia scopriva il cadavere di Aldo Moro, ucciso dalle Br.

Vicende legate da un destino comune, come ricordava anche Agnese Moro, figlia di Aldo, in una lettera inviata a Giovanni Impastato, fratello di Peppino, il 9 maggio di sei anni fa. «Mi spiace che le nostre lacrime, dal ’78, abbiano coperto le vostre. Mi piacerebbe tanto che un giorno potessimo ricordare i nostri cari non nel giorno della loro morte ma in quello in cui festeggiamo la nascita della nostra Repubblica, il 2 giugno». Due persone molto diverse, Moro e Impastato, ma «Unite dall’ amore per la giustizia e la liberazione» aveva ricordato Agnese Moro. Terrorismo e mafia colpirono insieme in «Una delle pagine più tragiche e oscure della storia repubblicana», ha ricordato oggi la presidente uscente della commissione antimafia, Rosy Bindi.

«Il modo migliore per ricordare Peppino Impastato è quello di costruire una rete di concreta solidarietà e una “scorta civile” che sostenga l’attività e il coraggio di quanti oggi sono impegnati quotidianamente nella lotta a Cosa Nostra” ha detto la presidente del Senato Elisabetta Alberti Casellati. Mentre il suo predecessore, Pietro Grasso, ha sottolineato che “per anni hanno provato a fare passare Impastato per suicida o terrorista, ma la verità la sapevano tutti a volerlo morto era Gaetano Badalamenti, il mafioso che derideva dai microfoni di Radio Aut. Ci sono voluti più di venti anni e la determinazione di una donna forte come la madre Felicia per arrivare alla condanna di Badalamenti». Un’amarezza che 40 anni dopo esprime il fratello dell’attivista, Giovanni: «Avere avuto la certezza che alcuni spezzoni delle istituzioni hanno contribuito ai depistaggi fa male. Per 40 anni siamo riusciti a tenere viva la sua memoria, ora tocca ai giovani raccogliere questo passaggio di testimone, un messaggio educativo di impegno».

Gli stessi giovani che a centinaia, dalla mattina, si sono recati nel casolare dove fu massacrato e che rimarrà aperto, con la collaborazione dell’assessorato regionale ai Beni culturali, fino a venerdì prossimo. Gli stessi poi, nel tardo pomeriggio, il tradizionale corteo dalla sede di Radio Aut a Terrasini fino alla Casa memoria Felicia e Peppino Impastato a Cinisi, con l’intervento di don Luigi Ciotti, che ha ricordato la «sana follia» di Impastato e ha tracciato un collegamento ideale con la famiglia Regeni. COPYRIGHT LASICILIA.IT © RIPRODUZIONE RISERVATA


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