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Paternò, i pentiti di mafia parlano: «Ecco chi uccise Nunzia Alleruzzo»

Di Concetto Mannisi |

Paternò. Gli anglofoni lo definirebbero “cold case” ma etichettare in tal modo il misterioso omicidio di Nunzia Alleruzzo, figlia dello storico capomafia Pippo, deceduto a sua volta nel maggio di due anni fa, sarebbe certamente riduttivo.

Dietro quel barbaro fatto di sangue, consumato fra il 1995 (anno della sparizione della giovane) e il 1998 (anno del ritrovamento dei suoi poveri resti), c’è, infatti, tanto di più. Ci sono le ritorsioni verso un uomo – Pippo Alleruzzo, per l’appunto – che aveva avviato una collaborazione a intermittenza con la Procura di Catania («lo dico…», «smentisco…», «lo confermo…», «non è vero niente…»). C’è la spietatezza di “uomini del disonore” che potrebbero avere ucciso quella ragazza in modo atroce, finendola poi con due colpi di pistola alla testa. C’è anche la violazione di quelle che una volta erano le regole della mafia, secondo cui donne e bambini andavano preservati da fatti cruenti.

E, invece, proprio la famiglia Alleruzzo rappresenta la prova provata che anche queste regole da tempo vengono violate. Prima di Nunzia, infatti, nell’agosto del 1987 anche la moglie del capomafia – Lucia Anastasi, all’epoca dei fatti 55 anni – era stata crivellata di colpi davanti la soglia di casa.

E appena un mese prima di lei era toccato al figlio Santo, ammazzato in campagna forse per dare un primo segnale al boss forse anche perché un po’ troppo spavaldo e prepotente a fronte dello spessore criminale che in tanti, allora, non gli riconoscevano: «Il padre è un’altra cosa…».

Alleruzzo, appreso dell’omicidio della moglie, commentò amaro, prima di intensificare la sua collaborazione con la Procura: «L’uccisione di mio figlio può anche starci, ma le donne non si toccano…». Non sapeva che il destino gli avrebbe riservato un altro rovescio: l’omicidio della figlia Nunzia, di cui sembra stiano parlando oggi nuovi collaboratori di giustizia.

La notizia, trapelata da fonti investigative, potrebbe aprire uno squarcio su un fatto di sangue vecchio almeno 25 anni. Anche se i resti della povera donna furono trovati, come detto, soltanto nel ‘98, all’interno di un pozzo nelle campagne di Paternò, in contrada Sella.

In merito al caso – in cui sarebbero già stati fatti i nomi dei colpevoli e il movente che scatenò quella barbarie – pare che la Procura distrettuale di Catania abbia riaperto il fascicolo processuale, delegando a nuove indagini i carabinieri della compagnia di Paternò che, nei giorni scorsi, avrebbero convocato alcuni familiari della vittima per cercare riscontri alle dichiarazioni dei pentiti.

Dalle indiscrezioni in nostro possesso, sembra che le indagini siano più che serrate e nei prossimi giorni potrebbero essere sentiti anche altri esponenti della criminalità organizzata paternese, che sulla scorta di quanto dichiarato dai collaboratori di giustizia risulterebbero direttamente o indirettamente coinvolti nella questione e, comunque, informati sui fatti.

Nunzia Alleruzzo scomparve da casa il 3 giugno 1995 nel pieno di quella guerra di mafia che devastò Paternò a cavallo tra gli anni ’80 e ’90. I resti del cadavere e alcuni capi di abbigliamento vennero ritrovati il 25 marzo del 1998. Dall’esame autoptico fu accertato che la donna venne certamente uccisa con due colpi di pistola alla testa.

Pippo Alleruzzo, storico rappresentante della famiglia Santapaola-Ercolano in territorio di Paternò (la moglie Lucia era sorella di Nunzia, a sua volta moglie di Francesco Augusto Ferrera, “Cavadduzzu”, cugino di Nitto Santapaola), morì nella sua abitazione a ottantanove anni. Sette anni prima, nel 2012, era stato catturato dai carabinieri e poi successivamente posto agli arresti domiciliari perché trovato in possesso di un arsenale e di 250 grammi di cocaina. Secondo le accuse degli investigatori di allora, il vecchio boss, nonostante la veneranda età, stava preparando la riorganizzazione del suo gruppo per tornare in pista e tentare di scalzare le nuove leve. Non gliene fu dato il modo. Né il tempo…COPYRIGHT LASICILIA.IT © RIPRODUZIONE RISERVATA