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Paolo Ruggirello, il politico trasversale «che si offriva ai boss» per ottenere voti

Di Redazione |

PALERMO – Anche se alle ultime elezioni regionali non ce l’ha fatta, Paolo Ruggirello, l’ex deputato regionale trapanese arrestato oggi nel blitz antimafia denominata “Scrigno” per voto di scambio politico mafioso, era considerato un vero e proprio ras delle preferenze. Ex esponente della lista Musumeci, già “luogotenente” di Lombardo ed ex candidato dell’Mpa, la sua carriera politica lo aveva portato fino all’ala renziana del Partito democratico, passando anche per Art. 4, il movimento fondato dal defunto Lino Leanza. 

Tutta la famiglia Ruggirello, però, è nota a Trapani: il padre, Giuseppe, fondò la Banca Industriale negli anni ’70, fu per alcuni anni anche alla guida del Trapani Calcio e divenne ricco in modo così veloce da meritare un’interrogazione parlamentare in merito. Nel 1997, poi, il nome di Ruggirello senior salterà fuori addirittura in un’inchiesta, in cui non era indagato, ma che coinvolgeva Enrico Nicoletti, cassiere della banda della Magliana.

Il figlio Paolo Ruggirello approda per la prima volta all’Ars con il Movimento per l’autonomia di Lombardo che sosteneva la ricandidatura a governatore di Toto’ Cuffaro nel 2006: Ruggirello varcò la soglia di Palazzo dei Normanni forte di 10.393 voti. Due anni dopo il centrodestra, senza Cuffaro finito in carcere, torna a vincere con Lombardo e Ruggirello è sempre esponente degli autonomisti con i quali conquista la nuova elezione all’Ars con 10.478 voti. La “tripletta” nel 2012: inserito nella lista “Nello Musumeci Presidente”, torna all’Ars con 6.639 preferenze ed entra anche a fare parte dell’Ufficio di Presidenza dell’Ars con il ruolo di deputato questore.

LE FOTO DEGLI ARRESTATI

Durante la legislatura passa però in Articolo 4, prima di approdare nel 2015 al Partito democratico tra le file dei renziani con i quali però nel 2017 non riesce  a centrare la quarta elezione all’Assemblea regionale.

Secondo l’accusa che gli viene contestata oggi, Ruggirello – strumentalizzando il proprio ruolo istituzionale – avrebbe «contribuito al raggiungimento di uno degli scopi dell’associazione mafiosa: il controllo del voto democratico e l’influenza sulla gestione della cosa pubblica».

Il gip di Palermo, nel provvedimento che dispone l’arresto scrive che l’ex deputato, «destinatario delle preferenze elettorali fatte confluire da esponenti di detta associazione nel corso di varie consultazioni elettorali, fornendo un concreto e specifico contributo per garantire gli interessi del sodalizio mafioso, a cui metteva a disposizione – per il tramite di singoli affiliati, con i quali intratteneva rapporti continuativi ed ai quali si rivolgeva anche per questioni personali – l’influenza e il potere derivanti anche dalla sua posizione di deputato regionale dell’Assemblea Regionale Siciliana».

Per gli inquirenti Ruggirello, che avrebbe incontrato più volte mafiosi, avrebbe avuto il sostegno dei boss di Trapani, nelle più recenti competizioni elettorali, ossia quelle per il rinnovo della Assemblea regionale siciliana del 2017 e quella per la Camera e il Senato del 2018 (competizioni che però non lo hanno visto “vincitore”). L’ex parlamentare avrebbe tutelato gli interessi della famiglia mafiosa di Mazara del Vallo, anche facendo avere finanziamenti pubblici, avrebbe fatto assumere all’ospedale di Trapani la figlia di un mafioso di Campobello di Mazara, promesso posti di lavoro, fatto avere appalti a imprese mafiose. Per gli inquirenti provate le sue richieste di aiuto elettorale a mafiosi del calibro di Salvatore Crimi e dei Virga di Trapani a cui avrebbe dato denaro per il sostegno elettorale.

Nelle intercettazioni agli atti dell’inchiesta il boss trapanese Pietro Virga spiegava agli amici perché era fondamentale garantire l’appoggio elettorale ai suoi candidati. «Mi sto giocando tutte le carte per questi politici, vedi che mi devi dare una mano ah! Una mano buona!…… Dobbiamo raccogliere voti… tu… lo sai che se le cose vanno bene a me… vanno bene a tutti, mi pare che è stato sempre così qua…».

 «Deve salire a dritta il marito è uno che ha amicizie forti là a Roma. E se noi arriviamo a questa a portarla là, qualche cosa possiamo concludere è giusto?», diceva Virga riferendosi a un’altra candidata, Ivana Inferrera, dell’Udc anche lei arrestata. «A tutti questi già quando gli da 50 euro, 20 euro per fare la spesa…», spiegava.

Le elezioni finite sotto inchiesta sono le Comunali di Trapani ed Erice del 2016 dove la mafia avrebbe sostenuto Vito Mammina e la figlia Simona, e le regionali e politiche. Alle regionali Cosa nostra trapanese si sarebbe spesa, in cambio di soldi, per la Inferrera e per Ruggirello, candidato nella lista del PD per Micari, mentre per le politiche il solo candidato era Ruggirello, ma il boom del Movimento cinque stelle gli sbarra le porte di Palazzo Madama.

«La particolarità che emerge, contrariamente a fatti simili già processualmente accertati, – scrive il gip – è data dal fatto che sono proprio i rappresentanti locali della politica che si offrono ai mafiosi, proponendosi come loro punti di riferimento, arrivando, in alcuni casi, addirittura ad affidare loro la gestione, seppur parziale, della propria campagna elettorale». COPYRIGHT LASICILIA.IT © RIPRODUZIONE RISERVATA


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