IL TRAPPER
Pandetta, le motivazioni della sentenza che lo ha mandato in cella e la polemica lettera dal carcere: «Cambiare si può, nonostante….»
Il catanese arrestato dalla Squadra Mobile in pieno giorno nel quartiere Quarto Oggiaro a Milano per una condanna definitiva per spaccio ed evasione, ha scritto una missiva diretta ai giovani detenuti
Niko Pandetta, il trapper catanese arrestato dalla Squadra Mobile in pieno giorno nel quartiere Quarto Oggiaro a Milano per una condanna definitiva per spaccio ed evasione, ha deciso, da detenuto, di prendere carta e penna e inviare una lettera.
Queste poche righe, scritte a stampatello in un foglio a quadretti, da una cella dall’istituto di Opera sono finite sui social. E, in particolare, in una pagina fb che si chiama “amici e parenti dei detenuti siciliani”. Il cantante, che dovrà scontare quattro anni e qualche mese di reclusione, ha intitolato l'epistola “Insieme”. Pandetta si rivolge a chi “vive” da recluso e in qualche modo apre una polemica sul principio del “reinserimento” della detenzione: «Ora in un carcere, potevo essere l'esempio della persona che è riuscita a cambiare vita, invece sono l'esempio di come il percorso di cambiamento è reso impossibile da chi dovrebbe favorirlo ed aiutare le persone a mettere la testa a posto».
Il trapper parla dei mostri del passato: «E io nonostante tutto l'ho fatto, mi lascerò indietro gli ultimi fantasmi del mio passato e sconterò questa pena. Avrei voluto dire grazie allo Stato ma purtroppo mi tocca dire "nonostante" lo Stato. A tutti i ragazzi che sono in carcere e ci credono nel cambiamento, l'accanimento nei miei confronti sia una forza per voi e per quello che viviamo ogni giorno qua dentro. Oggi non siete più soli, avete un amico, Niko Pandetta. Io sono con voi, cambiare è possibile».
L'operazione social sembra più una formula (perfetta) di marketing per sponsorizzare il nuovo disco di Pandetta – chiamato non a caso “Ricorso Inammissibile” e ai primi posti su tutte le hit digitali – uscito proprio dopo la cattura, che è stata registrata con un telefonino e caricata sul web.
Ma cosa ha spinto la Corte di Cassazione a rendere irrevocabile la sentenza a 4 anni per spaccio nei confronti di Niko Pandetta? E quindi a rendere esecutiva la pena – cumulativa con un'altra per evasione – facendo scattare l'arresto eseguito dalla polizia milanese nello scorso mese di ottobre? Sono due interrogativi a cui è possibile rispondere leggendo le 40 pagine delle motivazioni della sentenza dei giudici ermellini sul processo Double Track.
La posizione del nipote del capomafia Turi Cappello è in realtà marginale rispetto all'apparato probatorio che riguarda un cartello del narcotraffico gestito da Sebastiano Sardo, per la malavita “Occhiolino”. Personaggio che è diventato collaboratore di giustizia nel 2017, poco prima che scattasse il blitz della polizia da cui nasce il processo. Mentre la Squadra Mobile indagava alcune intercettazioni hanno portato direttamente al nome di Vincenzo “Niko” Pandetta. Il cantante non è stato arrestato nella retata, ma il suo nome è venuto fuori quando c'è stata la richiesta di rinvio a giudizio e poi le varie condanne in primo e secondo grado. In appello è arrivata la pena riformata e ridotta. Che poi è diventata definitiva.
Per la Cassazione «il ricorso proposto da Vincenzo Pandetta (che deduce vizi di motivazione e violazioni di legge) risulta inammissibile. La decisione che riguarda il ricorrente – evidenzia la Suprema Corte – è stata emessa a seguito di concordato sulla pena con rinuncia ai motivi di appello sulla responsabilità e sulla recidiva».COPYRIGHT LASICILIA.IT © RIPRODUZIONE RISERVATA