PALERMO – «Rosario Livatino morì anche perché ad Agrigento colleghi ed appartenenti alle forze dell’ordine non sempre facevano il loro dovere e lo hanno lasciato solo». Lo ha detto a Ficarazzi, comune a pochi chilometri da Palermo, nel corso della cerimonia per l’intitolazione a Rosario Livatino dell’istituto comprensivo cittadino, il procuratore della Repubblica di Termini Imerese Ambrogio Cartosio. Il magistrato ha precisato di «non aver conosciuto il giovane collega vittima della mafia ma di aver avuto modo di incontrare per motivi di lavoro gli autori a vari livelli dell’assassinio di Livatino cui oggi va reso onore alla competenza ed all’incorruttibilità». Dichiarazioni che rafforzano l’immagine di Livatino che ha aggiunto Cartosio «non si è lasciato condizionare neanche dal fatto che il capo provinciale di Cosa nostra, Giuseppe Di Caro, abitava al piano superiore dello stabile dove viveva Rosario Livatino con gli anziani genitori».
La cerimonia, che si è aperto con i saluti del dirigente scolastico Mario Veca, ha visto gli interventi delle personalità invitate e la lettura dei messaggi augurali inviati dal Presidente della Repubblica Sergio Mattarella e da quelli del presidente della Camera Roberto Fico e della presidente del Senato, Maria Elisabetta Alberti Casellati.
Il presidente della Camera Roberto Fico, che avrebbe dovuto essere presente alla cerimonia, è intervenuto sull’intitolazione della scuola a Livatino con un messaggio sui social. «Un’iniziativa dal grande valore simbolico, a cui non ho potuto partecipare ma a cui ho voluto contribuire inviando un messaggio a tutti i partecipanti. La scuola, cui affidiamo la crescita culturale e civile dei giovani, è lo specchio della società in cui viviamo. Allo stesso modo è un importante laboratorio capace di trasmettere i valori di un’etica pubblica che può cambiare in meglio la nostra società», ha scritto Fico su Facebook.
«Scegliere di intitolare l’istituto comprensivo di Ficarazzi al giudice Livatino, ucciso dalla mafia nel 1990, è una precisa scelta di campo, che mette al centro – ha aggiunto – il valore dell’integrità civile, il riscatto sociale e il desiderio di una libertà autentica. Rifuggendo ogni omertà, rassegnazione o paura. Un omaggio non formale, che è volto a fare propria l’eredità di un magistrato che ha legato la propria professione e il proprio destino a quei valori di giustizia e di democrazia, sui quali si fonda la nostra Costituzione ed una società realmente libera».
Per Livatino è in corso il processo di Canonizzazione approdato alla fase romana con il Postulatore Generale, monsignor Vincenzo Bertolone, nominato direttamente dal cardinale Francesco Montenegro capo dell’Arcidiocesi di Agrigento che così ne ha assunto la titolarità con onori ed oneri consapevole dell’importanza dell’elevazione agli onori degli altari di questo «testimone credibile» che potrebbe diventare il primo «magistrato Santo» nella storia della Chiesa.