Serafino Famà è stato uno dei più grandi difensori dei principi etici, morali e giuridici della toga. Un mafioso ha ordinato il suo omicidio, 29 anni fa, proprio perché l’avvocato scelse di tenere la schiena dritta fino in fondo. Il 9 novembre la camera penale etnea, presieduta dall’avvocato Francesco Antille, ha organizzato per ricordare la figura di Famà un convegno dal titolo “Il moderno ricorso per cassazione tra tecnica e prospettiva”, un incontro che seguirà la tradizionale deposizione di fiori nel luogo dell’agguato e il momento di commemorazione nel palazzo di piazza Verga. Seguendo l’esempio di Famà, i penalisti catanesi hanno aderito alla protesta nazionale (con una manifestazione di piazza oggi a Roma e tre giorni di astensione da ieri fino a domani) indetta dall’Unione camere penali contro il “pacchetto sicurezza” in discussione al Senato, dopo l’approvazione alla Camera.
Presidente Antille perché non vi piace il pacchetto sicurezza?
«Il pacchetto sicurezza non fa altro che creare ancora una volta le condizioni per un inasprimento delle sanzioni penali fino a raggiungere vette di difficoltà applicative inaccettabili: si concepisce e si aggrava la pena anche nei casi di protesta carceraria in cui il soggetto che protesti tenga un atteggiamento di mera assistenza passiva; e ancora, ad esempio, si distingue il furto nei pressi di una stazione da quello che si consuma in centro. Cosa vuol dire nei pressi? La strada di fronte è nei pressi? Quale sarebbe la distanza? Anche solo per rispettare il principio di legalità».
C’è veramente in pericolo la tenuta democratica del sistema penale?
«Un sistema penale che incrimina (e inasprisce le pene esistenti), senza porsi il problema effettivo dell’esecuzione penale, oggi allo sbando, non è democratico; un sistema che ignora i quasi 80 suicidi in carcere nel solo 2024 fino ad oggi , crea un simulacro di procedimento. Un sistema che risponde solo ad esigenze strumentali di consenso politico o si affida all’urlo della folla, è certamente pregiudizievole e deteriore. Non è civile in senso tecnico e ignora la Costituzione».
Ma queste giornate di astensione servono davvero a far sentire la voce dell’avvocatura?
«Siamo convinti che una protesta nazionale ed articolata possa costituire una piattaforma di riflessione per veicolare le nostre obiezioni e le critiche verso l’operato di un legislatore che nulla ha più a che vedere con un modello condivisibile di processo penale liberale».