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Ospedali in overbooking e poco personale: ecco i mali della sanità siciliana

Oltre gli scandali e i casi di malasanità: il vuoto più grande è la rete territoriale, fondamentale in era Covid

Di Luisa Santangelo |

Il malato è grave. «Gravissimo». Un codice rosso che ha bisogno di intervento immediato. Il paziente si chiama Sistema sanitario regionale ed è sul tavolo operatorio. Ieri mattina il presidente della Regione Renato Schifani ha riunito una cabina di regia per parlare del programma straordinario di interventi sulla sanità. Un piano da 828 milioni di euro su quattro progetti di carattere «strutturale».

«Abbiamo letto il comunicato ma non abbiamo ancora avuto modo di leggere i progetti. Sicuramente intervenire sull’edilizia sanitaria è un passaggio importante, ma non è l’unico». Marco Corrao è il segretario regionale della Cisl Fp con delega alla Sanità. Porta anche la sua firma la proposta, presentata a ottobre all’assessora regionale Giovanna Volo, in vista della nuova rete ospedaliera siciliana, attualmente in lavorazione. «Serve più personale – afferma Corrao – Abbiamo saputo, informalmente, che la nuova rete tiene conto delle nostre proposte incrementando la pianta organica di alcune strutture nel Palermitano, nel Catanese e nel Messinese. È chiaro, però, che il ragionamento sulla sanità regionale è più complesso di così».

Un piccolo passo indietro può essere utile per comprendere il perché della centralità dell’argomento in questo momento. Il 6 gennaio, all’ospedale Villa Sofia di Palermo, muore il 76enne Giuseppe Barbaro. Era arrivato nel presidio sanitario 17 giorni prima, con una frattura alla spalla ed era rimasto per giorni su una barella. Un presunto caso di malasanità – che i parenti della vittima hanno denunciato – che si è trasformato in una slavina per la sanità siciliana, a partire da quella palermitana. Il presidente Schifani ha cominciato da lì: un blitz al Villa Sofia; cui ha fatto seguito un’ispezione del dirigente generale della Pianificazione strategica dell’assessorato Salvatore Iacolino; un incontro con il direttore sanitario dell’ospedale, Arnoldo Rizzo, che dopo la riunione con il governatore si è dimesso «per dignità», respingendo accuse definite «false e fantasiose».

In questo clima, poi, è arrivata l’ennesima aggressione al personale sanitario nel Catanese: una pediatra malmenata a Biancavilla nella notte tra il 10 e l’11 gennaio. La violenza contro gli operatori come risvolto di una medaglia che, da qualunque parte la si guardi, bella non è.

Capro espiatorio

«Per l’ennesima volta stiamo facendo finta di affrontare il problema», risponde Renato Costa, già commissario straordinario per l’emergenza Covid-19 a Palermo e responsabile Sanità per la Cgil Sicilia. «Non è che si risolva tutto con il licenziamento di un manager o il richiamo a un primario – continua Costa – Ogni tanto ci piace trovare un capro espiatorio buono per soddisfare il bisogno di sangue della popolazione, senza che il problema venga risolto alla radice. Il disastro della sanità siciliana si è costruito nel tempo e, se durante il Covid sembrava magicamente essersi risolto, c’è un perché. Sa perché non c’erano pazienti in fila nei pronto soccorso, durante la pandemia? Perché veniva garantita la medicina di prossimità. Finita l’emergenza ci si aspettava che qualcosa sarebbe rimasto, invece si è costruita una sorta di “damnatio memoriae” di tutto ciò che è successo in quella fase, anche delle cose buone».

Questo della «medicina del territorio» è il vero fil rouge della questione sanitaria. «Mi viene molto difficile accettare che se manca un posto letto la colpa sia di un direttore sanitario», interviene Raffaele Lanteri, segretario nazionale dell’Ugl università e ricerca. «Bisogna invece interrogarsi su cosa ha portato quei posti letto a riempirsi. Ed è che non si fa quello che si deve sul territorio. Ne vuole sentire una? Gli ospedali di comunità che non sono mai veramente partiti. E i centri unici di prenotazione che non funzionano, da cui le liste d’attesa enormi. Io aspetto 40 minuti al telefono, se sono fortunato, per prenotare una visita specialistica o un esame. Mi danno l’appuntamento tra otto mesi. Mi rivolgo quindi al privato convenzionato e tengo occupata la mia prenotazione al pubblico. Vero è che poi il pubblico mi dovrebbe fare pagare comunque il ticket per quella prestazione che ho prenotato ma di cui non ho usufruito, ma se ho diritto all’esenzione totale? Se non posso aspettare, o se il privato convenzionato ha esaurito il budget? Vado al pronto soccorso. In codice verde. Otto ore di attesa. E ingolfo tutto. La coperta è corta perché non c’è personale, mancano i posti letto e abbiamo gli ospedali in overbooking».

Eroismo

«In Sicilia abbiamo il medico curante e l’ospedale. In mezzo c’è un mondo che qui non esiste, che va dai presidi territoriali di assistenza agli ospedali di comunità – sostiene Renato Costa – Le Asp non sono state in grado di organizzarsi sul territorio, Catania è almeno 15 anni avanti rispetto a Palermo, e manca pure la risposta assistenziale dai privati. Se hai esaurito il budget a ottobre di chi è la colpa? Tua che non hai correttamente diviso in dodicesimi, ma anche di chi doveva vigilare e non ha vigilato, e di chi doveva riorganizzare e non ha riorganizzato. Quello che succede sono epifenomeni. Chi lavora oggi nella sanità siciliana compie continuamente atti di eroismo. Quando sapevamo che la pandemia sarebbe arrivata anche da noi, ascoltavo colleghi preoccupati che mi dicevano: “Ma voi in Sicilia come farete?”. Rispondevo che noi nelle difficoltà ci siamo nati, almeno siamo allenati».

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