il processo
Open Arms, Conte e Di Maio “scaricano” Salvini: «Fece tutto lui»
L'ex premier e l'ex ministro degli esteri hanno deposto al processo contro l'ex ministro dell'interno accusato di sequestro di persone per i profughi della nave della Ong ai quaLI quali per giorni fu impedito di sbarcare
Giuseppe Conte e Luigi Di Maio, all’epoca dei fatti presidente del consiglio e ministro degli esteri, hanno “scaricato” l’allora ministro dell’Interno Matteo Salvini al processo che si sta celebrando a Palermo sulla vicenda del mancato sbarco dei profughi dalla Open Arms.
CONTE. «Non ricordo di aver mai sentito parlare della presenza di terroristi a bordo della Open Arms che aveva soccorso i migranti ad agosto del 2019» ha detto l’ex premier Giuseppe Conte, deponendo al processo a Matteo Salvini imputato a Palermo di rifiuto di atti d’ufficio e sequestro di persona. Secondo l’accusa, Salvini avrebbe illegittimamente negato alla ong Open Arms con 147 profughi salvati in mare, ad agosto 2019, di approdare a Lampedusa e altrettanto illegittimamente avrebbe tenuto a bordo i migranti privandoli della libertà personale.
«Non ricordo neppure – ha aggiunto Conte – che qualcuno mi abbia parlato di possibili accordi tra la Open Arms e gli scafisti alla guida dei barconi soccorsi».
«Sollecitai il ministro Salvini a far sbarcare i minori a bordo della Open Arms perché secondo me era un tema da risolvere al di là di tutto. Cercai di esercitare una moral suasion sulla questione perché mi pareva che la decisione di trattenerli a bordo non avesse alcun fondamento giuridico» ha aggiunto Conte. L’ex premier ha risposto alle domande del procuratore aggiunto Marzia Sabella sulla lettera da lui inviata il 14 agosto all’ex ministro Salvini in cui si chiedeva proprio di far sbarcare i minori. Successivamente il premier scrisse una missiva aperta al leader della Lega lamentando la diffusione non fedele del contenuto della lettera del 14. «Siamo al 15 agosto- ha ricordato – ci avviavamo verso la crisi di governo e una probabile competizione elettorale, il tema immigrazione è sempre stato caldo per la propaganda politica ed era chiaro che in quella fase, Salvini, che ha sempre avuto posizioni chiare sulla gestione del problema, volesse rappresentare me come un debole e lui invece come rigoroso. Scrissi la lettera aperta perché mi infastidiva intanto che uno scritto da me inviato al ministro fosse stato diffusa dal destinatario senza la mia autorizzazione. Inoltre avrei gradito che fosse rappresentato per quel che era».
«Non ho mai detto che la condizione per autorizzare lo sbarco dei migranti dovesse essere la loro redistribuzione preventiva» ha detto poi Conte rispondendo alla domanda dell’avvocata Giulia Bongiorno, legale di Matteo Salvini. «La condizione per la concessione del porto sicuro e quindi dello sbarco era che prima fosse stata concordata la redistribuzione dei migranti?» aveva chiesto l’avvocata Giulia Bongiorno. «E' evidente – ha aggiunto il teste- che ottenere la solidarietà europea e un riscontro su distribuzione e poi arrivare allo sbarco sarebbe stata la situazione ottimale, ma non mai sostenuto che se non c'era la redistribuzione non si poteva concedere il porto sicuro».
LAMORGESE «Noi abbiamo messo sempre in primo piano il salvataggio delle persone» ha detto l’ex ministro dell’Interno Luciana Lamorgese, anche lei teste al processo Open Arms. Rispondendo alle domande del pm Gery Ferrara, Lamorgese sottolinea dunque la differenza di linea del suo dicastero rispetto a quello del predecessore, il leader della Lega ora sotto processo. «La condotta del comandante dell’imbarcazione intervenuta in soccorso dei profughi incideva sulla concessione del porto sicuro?», le chiede il pm. «No – risponde la teste – e poi le ong durante il mio dicastero non hanno mai violato le regole entrando nelle acque territoriali prima della concessione del pos. Eventuali irregolarità potevano riguardare il mancato rispetto della filiera nella comunicazione dei salvataggi, non altro». Lamorgese ha precisato che durante la sua permanenza alla guida del Viminale i tempi di attesa del pos per le navi delle ong era di media 2 o 3 giorni. «Si arrivava a 7-8 solo se c'era da concordare la redistribuzione con altri Paesi», precisa.
DI MAIO. «La maggior parte delle volte sapevamo del rifiuto di pos da parte di Salvini dai media che riportavano le sue dichiarazioni. Non ci sono mai state riunioni del Consiglio dei Ministri, né informali né formali, sulla questione della concessione del porto sicuro alle navi con i migranti. Casomai le riunioni vennero fatte per affrontare le conseguenze del diniego di Pos dell’ex ministro dell’Interno» ha detto invece l’ex ministro degli Esteri Luigi Di Maio deponendo al processo Open Arms. Di Maio, rispondendo alle domande della pm Giorgia Righi, ha smentito che la concessione del pos dovesse essere subordinata al completamento della procedura di redistribuzione dei migranti. «Seppi della vicenda Open Arms dalle dichiarazioni ai media di Salvini, non da lui, anche perché eravamo in piena crisi di governo», ha concluso.
«Tutto ciò che veniva fatto in quel periodo era per ottenere consenso» ha aggiunto l’ex ministro degli Esteri. .
LA DIFESA DI SALVINI. La Procura di Palermo ha rinunciato a tutti i testi della sua lista tranne quelli che dovranno riferire sulla presenza del sottomarino Venuti della Marina Militare nel momento del primo soccorso prestato dalla Ong al barcone in avaria l’1 agosto del 2019. Informativa di cui, sostiene la legale del leader leghista Giulia Bongiorno, per molto tempo la difesa sarebbe stata tenuta all’oscuro e che sarebbe invece decisiva per provare le condotte opache dell’equipaggio della nave spagnola. Emersa su sollecitazione dell’avvocato durante l'esame in aula di un funzionario del Viminale, il caso del sottomarino Venuti è oggetto di ben due denunce.
Una della Open Arms, parte civile al processo, che chiede ai pm di verificare perché l’equipaggio della Marina non intervenne durante il salvataggio dei profughi e ipotizza l’omissione di soccorso. L’altra della legale di Salvini. «Lunedì depositeremo il nostro esposto a sei Procure tra le quali quelle di Roma e Perugia – ha detto Bongiorno al termine dell’udienza di oggi – perché i video girati dall’equipaggio del Venuti dimostrano che la Ong ebbe comportamenti anomali (il riferimento è a presunti accordi con gli scafisti del barcone in avaria ndr) e confermerebbero quanto diciamo da tempo e cioè che dietro al divieto di sbarco c'erano gravi sospetti di condotte illecite da parte della Open Arms». «L'informativa della Marina con questi dati – insiste Bongiorno – fu comunicata a diverse procure, allora perchè non venne approfondita? Perchè il Tar, chiamato a pronunciarsi sul primo divieto di ingresso in acque italiane della nave della Ong, non è stato messo in condizione di esaminarla?». Sul caso deporranno il 24 marzo due consulenti del pm che hanno analizzato i video girati dal Venuti e due funzionari della Marina. Alla prossima udienza inoltre farà dichiarazioni spontanee Salvini. COPYRIGHT LASICILIA.IT © RIPRODUZIONE RISERVATA