Omicidio Timonieri, dalla Corte d’Assise la motivazione dell’ergastolo a Nizza e Privitera

Di Laura Distefano / 20 Settembre 2024

Nella tasca del pantalone della tuta aveva ancora una mascherina chirurgica, due banconote da 50 euro e una da 10. Il corpo di Enzo Timonieri fu trovato il 4 giugno 2021 a una profondità di 80 centimetri in una delle dune di Vaccarizzo. Il giovane pusher era scomparso da San Cristoforo quattro mesi prima. Il giorno di San Valentino la sorella di Timonieri si decise a denunciare: i familiari capiscono che era stato ammazzato. E così anche gli investigatori. Sono tre le piste seguite inizialmente: una quella che portava a Tony Trentuno, giovane leva della mafia di San Cocimo, una verso i narcos calabresi truffati con un pagamento di soldi falsi per una partita di cocaina e l’ultima – e che si rivelerà quello giusta – una “pulizia” interna al gruppo dei Nizza. Le intercettazioni partirono immediatamente: i parenti più stretti erano in fibrillazione, ma non si sono mossi come forse si sarebbe immaginato in un contesto simile. La svolta nell’inchiesta arrivò quando i fratelli Michael e Ninni Sanfilippo hanno deciso di collaborare con la magistratura. Dissero ai magistrati siamo stati noi ad ammazzare Timonieri e vi portiamo nel luogo dove lo abbiamo seppellito. Una ricostruzione certosina quella che mettono nero su bianco i giudici della Corte d’Assise che ha condannato all’ergastolo Natalino Nizza e Salvatore Sam Privitera, ritenuti i mandanti dell’omicidio. Certo questa sentenza è stata scritta prima della scelta del secondo di “pentirsi”.

Ma le sue dichiarazioni saranno sicuramente “scoperte” in appello. Ma torniamo alle motivazioni che hanno portato alla pesante condanna. Per i magistrati le conversazioni dei «soggetti più vicini a Vincenzo Timonieri hanno individuato autori e movente». Il fratello Carmelo parlando con il padre fu fin troppo preciso: «Lui, i soldi se li stava guadagnando e che, avendo i propri canali, avrebbe dovuto sganciarsi». «Il mandato è certamente fondato su un esigenza tipica del clan: appropriarsi del canale di approvvigionamento». Oltre ai fratelli Sanfilippo è stato escusso l’ex Salvatore Scavone. La difesa ha puntato molto su alcune versioni discordanti offerte dai tre. Per i giudici non c’è alcun contrasto tra le versioni offerte sulle motivazioni del delitto: «Se il narcotraffico (vera causa) delinea l’area di riferimento del crimine e quindi agevola i Nizza, l’occasione può giovare a qualcuno». Il riferimento è alla scomoda reputazione di Privitera che avrebbe «tradito la fiducia di Timonieri avendo un avvicinamento con l’ex moglie».

Si parla anche di scenario di povertà educativa nella sentenza della Corte d’Assise, presieduta da Maria Pia Urso e con giudice a latere Marco Minnella. «La vicenda consumata all’ombra di un quartiere degradato consegna allo Stato uno spaccato doloroso di povertà culturale, dove non c’è spazio per allevare quattro giovani come gli imputati ai valori dell’etica». E sulla decisione dei fratelli Sanfilippo di collaborare scrive: «Quei due ragazzi hanno trasformato un confine (quello di Librino) in un orizzonte, concede a sé stessi e ai propri cari una seconda possibilità- C’è nelle loro parole, un suono, come quando accostando l’orecchio a una conchiglia può capitare, talora di sentire lontano il rumore del mare. E questo suono la Corte lo ha percepito nelle parole di Michael e Antonino».

Pubblicato da:
Leandro Perrotta